Almeno uno è vaccinabile

23 marzo 2007
Aggiornamenti e focus

Almeno uno è vaccinabile



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La parola prevenzione, nel caso dei tumori, allude quasi sempre a modificazioni del comportamento (fumo, alcol) oppure a misure di protezione ambientale (come nel caso dell'eliminazione dell'amianto) peraltro di applicazione sempre contrastata, oppure si passa addirittura alla diagnosi precoce, che in realtà è prevenzione del peggio. Una possibile eccezione sarebbe quella dei tumori a origine virale, nell'ipotesi di riuscire, ovviamente, a impedire l'infezione.

Una lunga ricerca...


Oggi tutto questo si è realizzato nel caso del cervicocarcinoma, o tumore del collo dell'utero. Una malattia che ogni anno colpisce 500.000 donne in tutto il mondo e che ne uccide 250.000. Una malattia per la quale esiste sì una metodica di screening efficace e relativamente poco costosa, il Pap-test, ma la cui implementazione richiede comunque un servizio sanitario adeguatamente attrezzato e un'adeguata informazione delle donne. Non a caso la stragrande maggioranza dei decessi avviene nei paesi in via di sviluppo.
Da tempo, già nell'Ottocento, si era ipotizzato che questo tumore fosse dovuto a un infezione trasmessa con l'attività sessuale (era molto frequente tra le prostitute e rarissimo tra le monache) e via via il cerchio si è ristretto fino a identificare il colpevole: il papillomavirus umano o HPV, che è l'agente che causa i conditomi genitali, una malattia che riguarda sia l'uomo sia la donna, ma che in quest'ultima promuove anche la degenerazione delle cellule epiteliali del collo dell'utero. E' a partire dal 1983 che vennero identificati alcuni tipi virali, HPV 16, 18, 31, 33, 45, 52 e 58 nelle biopsie tumorali, sia nelle lesioni precancerose (cervical intraepithelial neoplasias, CIN) sia in molte linee cellulari di derivazione tumorale. Considerando tutti i tipi oggi noti, perché quella dell'HPV è una famiglia molto numerosa, oltre il 99 per cento delle lesioni cancerose esaminate risulta HPV-positivo. In pratica, l'infezione da parte del virus è una condizione sufficiente a promuovere il tumore. E' chiaro che non tutte le lesioni precancerose evolvono in un tumore, ma non c'è tumore, in pratica, senza infezione virale.

...che ha avuto successo


Questa è ormai storia, ed è stata ricordata nel corso del First Global Summit On Cervical Cancer, svoltosi il 22 marzo 2007 a Parigi, sotto l'egida dell'UNESCO, del Club Européen de la Santé e dell'International Federation of Gynecology & Obstetrics. Il summit però si è tenuto anche perché in questo scenario si è inserita la possibilità di fare effettivamente prevenzione attraverso un vaccino rivolto appunto ai due tipi virali responsabili del maggior numero di neoplasie, il 16 e il 18, oltre ai due più spesso implicati nello sviluppo dei condilomi, HPV 6 e 11. "E la prima volta che si dispone di un vaccino capace di prevenire un tumore" ha spiegato Sergio Pecorelli, presidente della FIGO e direttore del Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia dell'Università di Brescia." E' innegabile che con i programmi di screening si è ridotto enormemente il numero di cervicocarcinomi, ma con l'introduzione del vaccino si potrebbe prevenire lo sviluppo di almeno il 70% delle neoplasie". Il punto, con i programmi di screening è che è difficile raggiungere tutta la popolazione che se ne potrebbe giovare (ancora oggi da 2 a 3 donne su 10 non hanno mai subito un Pap-test), con il risultato che 8 donne colpite dal tumore su 10 non sono mai state sottoposte a screening. Oltretutto questo tumore non conosce terapie mirate: nei casi iniziali si può procedere con successo alla conizzazione, cioè l'asportazione del tessuto interessato dalla lesione, ma quando l'invasione aumenta la soluzione è l'asportazione dell'utero e/o la radioterapia. Fatto sta che quando la lesione è imponente, con interessamento degli organi vicini (la vescica, il retto) la sopravvivenza è bassissima e il dolore, è stato ricordato, enorme. La disponibilità di questo vaccino, dunque, offre la possibilità di affiancare allo screening, che resterebbe comunque necessario, la possibilità di agire direttamente. Perché l'immunizzazione abbia la massima efficacia, si parla praticamente del 100%, è necessario che le donne siano vaccinate prima dell'inizio dell'attività sessuale, cioè prima della possibilità di aver incontrato già l'HPV. Per questo, in Italia, come negli Stati Uniti e negli altri paesi, la vaccinazione viene raccomandata attorno al 12° anno di età.

Sveva Prati



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