Prognosi scritta nei geni

28 aprile 2020
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Prognosi scritta nei geni



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Il linfoma diffuso a grandi cellule B è la forma di linfoma più comune negli adulti, è curabile con la chemioterapia, ma non in tutti i casi la risposta è uniformemente positiva. Una recente ricerca pubblicata da The New England Medical Journal of Medicine, ha dimostrato che la sopravvivenza dei paziente dopo la chemioterapia è influenzata da alcune caratteristiche molecolari del tumore, risultate utili per prevedere l'efficacia della terapia.
L'ipotesi è avvalorata dallo studio dei profili di espressione dei geni di cellule tumorali: sono stati usati come indicatori per prevedere le probabilità di sopravvivenza del paziente dopo la chemioterapia.
In realtà, esiste già un indice internazionale di prognosi che include diversi fattori come l'età, lo stadio del tumore, il livello di lattato deidrogenasi, il numero di altri distretti corporei colpiti da patologie extranodali e l'ECOG performance status, ovvero una scala che valuta l'evoluzione della patologia. Si tratta di un indice valido e molto usato ma che difficilmente riesce a suddividere i pazienti in classi distinte durante le sperimentazioni terapeutiche.

Alla ricerca di marcatori


Per la ricerca sono stati selezionati 240 pazienti di età media 63 anni, senza storia pregressa di linfoma e non ancora trattati con chemioterapia prima dello studio. L'analisi è stata condotta su campioni tissutali di biopsia eseguita dopo trattamento chemioterapico; nelle cellule tumorali è stata monitorata la presenta di due mutazioni geniche (amplificazione e translocazione). La procedura ha permesso di identificare due sottogruppi distinti in cellule B dell'area centrale proliferativa e in cellule B attivate, il primo definito dalla presenza ricorrente delle due alterazioni geniche cercate. I due gruppi erano diversi anche nella riposta alla chemioterapia: nel primo caso positiva, nel secondo più scarsa.

Geni che interferiscono


L'espressione genica che caratterizza la prognosi favorevole è indicativa di una linea di cellule che presenta un'attività ridotta rispetto a un processo ad azione protettiva che interferirebbe con l'effetto distruttivo della chemioterapia contro le cellule tumorali: infatti, al contrario, nelle cellule B attivate è presente un'attivazione costitutiva di tale processo che blocca l'apoptosi (morte cellulare programmata) indotta dalla chemioterapia, rendendola meno efficace.
Il metodo permette quindi di identificare i pazienti in cui la chemioterapia convenzionale ha meno probabilità di successo. Nel campione in esame, per esempio, rispetto alla sopravvivenza a 5 anni, un quarto ha la probabilità del 15%. Tra i pazienti a rischio intermedio il 55% ha la probabilità del 18%, mentre in tutto il gruppo la probabilità è del 41%. Tra i pazienti a basso rischio il 16% aveva il 28% di probabilità.
Rispetto all'indice internazionale di prognosi, la diagnosi molecolare proposta, oltre a offrire la possibilità di classificare il pazienti, richiede un piccolo numero di geni e quindi un'applicabilità clinica facilitata.

Fonte:
  • The Use of Molecular Profiling to Predict Survival after Chemotherapy for Diffuse Large-B-Cell Lymphoma
  • The New England Journal of Medicine Volume 346:1937-1947, June 20 2002, Number 25



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