Dell'artrite parla la paziente

08 marzo 2006
Aggiornamenti e focus

Dell'artrite parla la paziente



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“In un certo senso, nella sfortuna della malattia, chi è colpito dall’artrite reumatoide deve oltretutto avere la fortuna di rientrare nei protocolli previsti per la somministrazione dei farmaci più recenti: avere cinquant’anni, nessun’altra malattia concomitante. Su tutto pesa anche l’aspetto economico. Si sa che, dati anche i costi di queste terapie, ai medici si fa continuamente presente di selezionare i pazienti da avviare al trattamento. Si parla anche molto degli effetti collaterali di questi farmaci, che sono vissuti come molto impegnativi, come se invece assumere i farmaci tradizionali fosse una passeggiata”. A fare questa acuta analisi non è un reumatologo, ma la dottoressa Elisabetta Garuccio, una paziente, quindi, che l’artrite reumatoide l’ha sperimentata, come si diceva agli inizi della medicina, in corpore vili. Questa dichiarazione l’ha resa il 7 marzo 2006, alla biblioteca della Camera dei Deputati, durante la presentazione di una originale iniziativa editoriale. Un libro, intitolato “Artrite reumatoide, singolare femminile”, in cui questa malattia viene presentata sia attraverso le relazioni di dieci reumatologi, sia attraverso dieci interviste alle pazienti curate dai reumatologi. Interviste che sono state raccolte da altrettante donne politiche da sempre impegnate sui temi della sanità e dell’assistenza e, ovviamente, della condizione femminile. Quindi all’opera si sono prestate Mariapia Garavaglia e Luciana Sbarbati, presenti anche alla manifestazione romana, Alessandra Mussolini, Maura Cossutta, Cristiana Muscardini, Tiziana Maiolo, Livia Turco e Lilly Gruber, Elisabetta Gardini e Giovanna Melandri. Una testimonianza tutta al femminile perché, come ha ricordato il presidente della Società Italiana di Reumatologia, professor Stefano Bombardieri, tre pazienti su quattro sono donne e “vi sono poi anche ragioni biologiche che rendono complicato il trattamento dell’artrite reumatoide nella donna: basti pensare all’effetto che i trattamenti possono avere su alcune patologie preesistenti, come l’osteoporosi, oppure agli aspetti peculiari legati alla gravidanza”. La spinta alla realizzazione del libro, del resto, viene proprio dalla SIR, che si è avvalsa di un grant della casa farmaceutica Abbott: “Questo libro nasce per spiegare quali siano i drammatici effetti della diagnosi di artrite reumatoide sulla vita delle donne e, d’altra parte, per mostrare quali enormi benefici possono venire da una terapia adeguata. Attraverso il racconto diretto delle pazienti, sapientemente raccolto da altre donne, le conseguenze dell’artrite reumatoide vengono rese con una forza che non sarebbe possibile in una trattazione scientifica” ha puntualizzato Bombardieri.

Battaglie di civiltà


C'è anche un altro aspetto da tenere presente, che è stato sottolineato dall'onorevole Garavaglia, già ministro della sanità e oggi vicesindaco di Roma "Oggi una malattia che colpisce prevalentemente le donne rappresenta un costo sociale altissimo. Perché le donne rappresentano qualcosa di più della metà della popolazione, è a loro che toccano ruoli di assistenza fondamentali: verso i bambini, gli anziani e i malati". E' un aspetto, questo, "che trascende qualsiasi appartenenza politica" ha dichiarato l'onorevole Sbarbati, europarlamentare oggi nella Commissione giustizia e precedentemente in quella che si occupa a livello europeo della tutela della salute."Perché le battaglie svolte per la condizione femminile sono battaglie di civiltà, di tutela dei diritti, dalle quali trae poi vantaggi tutta la società".
In effetti, come ha ricordato Maurizio Cutolo, vicepresidente della SIR, l'artrite reumatoide resta ancora oggi largamente sottovalutata, in un momento in cui "si aprono invece nuove prospettive terapeutiche e anche un approccio completamente diverso, capace di modificare radicalmente l'andamento della malattia".
"In questo" ha sintetizzato Luciana Sbarbati "fare informazione come si è fatto in questa occasione è prevenire, o almeno curare prima e meglio".

Maurizio Imperiali



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