Test rapido evita l'antibiotico

14 luglio 2004
Aggiornamenti e focus

Test rapido evita l'antibiotico



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Le infezioni neonatali, cioè quelle che si presentano nelle prime 72 ore dalla nascita, sono senz'altro pericolose, di qui la tendenza a procedere alla terapia antibiotica sulla base del sospetto di un'infezione ricavato o dalla presenza di chiari segni di un'infezione in atto o anche di circostanze che potrebbero rendere più probabile un'infezione come la rottura molto anticipata delle membrane rispetto all'inizio del travaglio, le caratteristiche del liquido amniotico, l'elevata temperatura rettale materna e altre. Ciononostante, vi è una quota variabile di casi, dal 20 al 66% a seconda delle ricerche e delle situazioni, in cui a posteriori si vede che l'antibiotico non era necessario. A questo eccesso di trattamento potrebbe porre rimedio un nuovo criterio di diagnosi rapido, a differenza delle colture tradizionali, e piuttosto affidabile, da applicarsi nei casi in cui il quadro del piccolo paziente non è sufficientemente chiaro.

Segni certi di infiammazione


Si tratta di un percorso diagnostico che abbina il dosaggio di due sostanze, la proteina C reattiva e l'interleuchina 8 (IL-8). Entrambe sono presenti nel sangue, ed entrambe sono espresse quando il sistema immunitario scatena una reazione difensiva di tipo infiammatorio. Sono note da tempo e la CRP, soprattutto, è già impiegata come marker di diverse condizioni patologiche o prepatologiche; tuttavia il dosaggio di una o dell'altra da sole non è sufficientemente affidabile: di qui l'idea di effettuare insieme i due dosaggi e di verificare se così era possibile escludere o confermare la presenza di un'infezione batterica. Lo studio è stato condotto in diversi centri della Germania, reclutando in totale più di 1200 bambini, a termine e prematuri, che presentavano sintomi lievi e fattori di rischio per un'infezione, escludendo ovviamente quelli che per le loro condizioni erano chiaramente malati e quindi dovevano essere senz'altro trattati immediatamente. Metà dei piccoli è stata seguita adottando le regole standard del centro in cui si trovavano, cioè decidendo o meno del ricorso all'antibiotico in base ai segni e sintomi; l'altra metà è invece stata sottoposta al test. Ovviamente il riscontro finale era il test colturale, cioè il controllo sui campioni di sangue o altro della presenza o meno di batteri che è fondamentale ma richiede molto tempo, spesso incompatibile con la necessità di decidere subito se curare o meno.

Ogni 7 bambini un trattamento inutile


Lo scopo dello studio era vedere quanti trattamenti inutili si evitavano e, al contrario, quante infezioni sfuggivano al medico con i due sistemi.
I risultati sono stati positivi. Effettivamente, eseguendo la ricerca della CRP e dell'IL-8, il trattamento antibiotico è stato praticato nel 36 per cento dei bambini, contro poco meno del 50% nel gruppo valutato solo in base ai protocolli, di conseguenza si è avuta una riduzione cospicua che, tradotta in termini statistici, fa sì che ogni 7 bambini cui si pratica il test abbinato si risparmia un trattamento antibiotico inutile. Incoraggiante anche l'altro risultato, cioè quello relativo ai casi si infezione non intercettati: la percentuale di casi persi era uguale nei due gruppi. In altre parole, con questo tipo di indagine si evita di somministrare farmaci che non servono al neonato e, in più, il rischio di sottovalutare qualche situazione è lo stesso che con i criteri adottati attualmente.

Maurizio Imperiali



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