Stress e scuola

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Stress e scuola



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Tanto per cominciare, coesistono, nella società occidentale, una serie di paradossi che sono maggiormente rappresentati ed identificabili proprio nelle infinite e drammatiche perplessità dell'infanzia e dell'adolescenza. Ci sono, oggi, da un lato, molti più strumenti che permettono ai ragazzi di manifestarsi e di comunicare tra di loro (basti pensare alla comunicazione multimediale, alla televisione, agli sms, alle chat-line) e dall'altro, coesistono altrettante possibilità di rinchiudersi nel proprio disagio (isolarsi dal resto del mondo davanti ad un videogioco o ad un computer).
E tutte queste situazioni difficili possono essere scatenate (indirettamente) dalla scuola a causa dalla "chiusura" dell'ambiente scolastico che è poi quello nel quale i ragazzi, specie i più piccoli per via del tempo pieno, trascorrono 7 o 8 ore al giorno. E per giunta, ci sono situazioni di difficile inserimento, abbastanza nuove, come quella del gran numero di ragazzi di etnie diverse, ma nati o comunque residenti in Italia. In certe regioni italiane, a partire dalla scuola materna, quest'ultimo problema è diventato piuttosto pressante. E ancora, ci sono i casi sempre trascurati, o risolti solo parzialmente, dei ragazzi già malati (malattie croniche degenerative, malattie genetiche, ritardi mentali, ritardi psicofisici, disabilità diverse, sindromi allergiche gravi) che per forza di cose risentono in maniera non sempre positiva del ritorno a scuola.

Distratti, silenziosi e aggressivi


Tra tutti questi problemi neuro-psicologici, detti, in un'espressione unificante: "disturbi dell'età evolutiva", se ne possono identificare con precisione solo alcuni. Una di queste forme è conosciuta col nome di: "sindrome da deficit di attenzione e iperattività" e per questa esiste una rinnovata attenzione insieme con almeno due possibilità terapeutiche (sia farmaci sia psicoterapia).
Inoltre, si presenta oggi nelle scuole elementari e medie, un fenomeno relativamente nuovo e che si inserisce nell'ampia problematica del disadattamento sociale. E' stato evidenziato da alcune indagini che un numero sempre più grande di ragazzi sono perseguitati dai compagni con battute e scherzi pesanti e in Italia il fenomeno ha assunto dimensioni in certi casi preoccupanti. Un vero e proprio mobbing che anziché nell'ambiente di lavoro, viene sofferto sui banchi di scuola. Niente di diverso da una qualsiasi forma di violenza psicologica e in molti casi anche fisica. In proposito una recente indagine ha messo in risalto che sono 22 su 100 i bambini che dalla prima alla terza elementare hanno esperienze di prepotenze diverse, dalla sottrazione di giocattoli o merende alle percosse. L'indice sale al 30% in quarta e quinta elementare, arriva al 45% alle medie. E se si esamina il problema della socializzazione, alla base del fenomeno, che prende il nome di "bullismo" (in inglese bulliyng), emerge che è un grave disagio nel 16% dei bambini di prima e terza elementare e nel 23% di chi frequenta la quarta e la quinta classe. Quindi, l'indice cresce con l'età e in una certa percentuale, i fenomeni di disadattamento sociale infantile sono destinati ad aggravarsi nell'adulto. Un altro problema scolastico emergente è quello della difficoltà nel bimbo di attribuire un ruolo di autorità all'adulto. Sono 9 su 100 gli alunni della prima elementare che non riconoscono questo ruolo alla maestra, una percentuale che cresce fino al 14% nelle ultime due classi.

Una via praticabile


Insomma, per genitori ed insegnanti, non c'è da dormirci sopra. Avere oggi un figlio che frequenta la scuola a tempo pieno, potrebbe non essere una soluzione sicura per le ore lavorative dei familiari. C'è però una figura professionale emergente che può sdrammatizzare un po' le legittime preoccupazioni insorte che concretizza la risoluzione di questi problemi. Negli ultimi anni è stata istituita in Italia, la figura dello psicologo scolastico. Questo genere di consulente specialista ha assunto un ruolo sempre più importante ed è il primo cui si devono affidare, le famiglie, gli insegnanti e i ragazzi.
La ripresa delle lezioni non è, dunque, per tutti, un avvenimento da festeggiare. E' possibile e non è un fenomeno tanto raro che, superato l'entusiasmo del "primo giorno", già dopo due o tre giorni, comincino a comparire i primi disagi. Fastidi più che altro psicologici e in parte anche fisici, in ogni caso, che si "sentono" da tutte e due le parti. Da quella dei figli e da quella dei genitori. E se i primi soffrono direttamente, i secondi sono spesso disarmati verso questo genere di disturbi anche perché vengono, il più delle volte, esclusi dalle confidenze dei loro figli.
La via possibile da percorrere è tracciata e ancora una volta quella dell'educazione e della formazione oltre a quella sottointesa dell'attenzione ai problemi altrui, della tolleranza, del rispetto e del ripristino di una capacità innata che si va estinguendo: cioè quella di ascoltare.

Patrizia Maria Gatti



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