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28 marzo 2003
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"Il lavoro nobilita": non la pensano così i polmoni e la gola di molti italiani, costretti a passare ore e ore a contatto con sostanze altamente irritanti. Non sono rari, infatti, i casi di malattie respiratorie provocate da sostanze presenti in quantità elevate nell'ambiente di lavoro in soggetti non allergici in precedenza.

Come si riconosce l'asma e l'allergia respiratoria professionale?


Per poter rivelare la presenza di asma e allergia professionale bisogna verificare la presenza di due elementi fondamentali:
  • il disturbo respiratorio peggiora durante la settimana lavorativa, ma non necessariamente quando ci si trova sul posto di lavoro; (al contrario, spesso i sintomi compaiono o peggiorano dopo l'attività lavorativa, a volte anche di notte);
  • il disturbo migliora al di fuori dal posto di lavoro (sono necessari, però, alcuni giorni prima di poter notare un miglioramento).
Le mansioni lavorative potenzialmente a rischio di allergie respiratorie professionali sono molte, soprattutto nel settore industriale. Per chiarire meglio l'associazione "lavoro e rischio di allergia respiratoria" si propone, qui di seguito, uno schema dettagliato del tipo di occupazione svolta e delle sostanze che possono far emergere allergie e problemi respiratori ai soggetti esposti

Gli irritanti delle vie respiratorie


Sostanze chimiche
  • Pesticidi: diserbanti, insetticidi, ... (agricoltori)
  • Solventi: acetone, benzene, carbonio, tetracloruro, cloroformio, diossano, etere, etossietanolo, glicerolo, metanolo, ossido di propilene, piridina, tetraidrofurano, toluene, xileni, solfuro di carbonio, acetonitrile (saldatori, verniciatori e i fonditori)
  • Fissativi: acroleina, formaldeide, glutaraldeide, osmio tetrossido, fenolo, acido picirico, bicromato di potassio (parrucchieri ed estetiste)
  • Acidi: acido cloridrico, solforico, acetico, perclorico, formico
  • Coloranti: coloranti acridinici, auramina OH, ... - (parrucchieri)
  • Metalli e composti metallici: nichel, cromo, cadmio, sali di cobalto, triossido e pentossido di Vanadio, carburo di tungsteno, acido cloroplatinico, piombo acetato, argento nitrato
  • Collanti: lattici e mastici (calzolai, lavoratori del pellame, settore sanitario e farmaceutico)
Sostanze alimentari e derivati animali
Frumento e altri cereali, pollini di fragole, aglio, spore di funghi, proteine delle uova, enzimi pancreatici (industrie alimentari), papaina (inteneritori delle carni), amilasi, crostacei, enzimi proteolitici (fornai, calzolai e birrai), aprolio (pollai), luppolo e clormina T (produttori di birra), polvere d'osso di pesce e colla di pesce, ascidiacee (coltivatori di ostriche), acari, insetti (calabroni, api, vespe, scarafaggi), micofiti (Aspergillus, Cladosporium, Verticillum, Paecilomyces).

Sostanze naturali
Sali di platino (raffinerie), polvere di legno (carpentieri); polveri di cotone, lino, canapa, juta, kapok e lana (industria tessile), gomma arabica, polveri di fieno.

I sintomi delle malattie respiratorie professionali sono gli stessi delle malattie respiratorie non professionali: mancanza d'aria (dispnea), tosse, secrezione di muco vischioso, edema mucoso e, soprattutto, infiammazione della mucosa e della sottomucosa delle vie aeree con intensità variabile a seconda del grado di sensibilizzazione.
L'unica cura per chi soffre di malattie respiratorie professionali è rappresentata dall'allontanamento definitivo dall'agente specifico, cambiando luogo di lavoro o mansione lavorativa. In caso questo non sia possibile (per mancanza di alternative o per scelte individuali) è necessaria l'assunzione di specifici farmaci per il trattamento dell'asma non professionale (naturalmente, sempre sotto stretto controllo del medico).
La legislazione italiana attuale sancisce l'indennizzo dell'asma professionale causato da alcune sostanze elencate in specifiche tabelle, consultabili all'interno del DPR n.336 del 13 aprile 1994.
Se l'allergia respiratoria professionale è causata da sostanze non previste in questo elenco, invece, il processo di indennizzo è molto più lungo e difficoltoso: è il lavoratore stesso, infatti, che deve dimostrare che la causa della sua malattia è dovuta a una o più particolari sostanze presenti sul posto di lavoro.

Annapaola Medina



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