Reni, un vero sostituto di plastica e cellule

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Reni, un vero sostituto di plastica e cellule



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Il rene artificiale, ossia il macchinario per effettuare la dialisi è ormai una consuetudine nella vita di chi soffre di insufficienza renale cronica. Senza questo appuntamento fisso, 2-3 volte alla settimana, il paziente non potrebbe sopravvivere, ma la dialisi presenta comunque degli inconvenienti che limitano la qualità di vita. In sostanza queste apparecchiature, per quanto sofisticate, riescono a riprodurre solo una delle funzioni fondamentali del rene: l'eliminazione per filtrazione dei prodotti di scarto. Un rene sano, invece, dopo la filtrazione riassorbe acqua, sali e molecole che possono ancora essere utili all'organismo; regola la concentrazione di sodio e glucosio; contribuisce al mantenimento di una giusta pressione arteriosa, liberando l'enzima renina; secerne 2 ormoni, la eritropoietina e il calcitriolo.
Da queste considerazioni e dai progressi offerti dalla bioingegneria nasce il nuovo prototipo, allo studio presso la University of Michigan, che simula anche la fase di riassorbimento.

Che cosa è


Tutto parte, ancora una volta, dalle cellule staminali: ci sono anche nei tubuli renali ed è stato possibile coltivarle in modo che diventassero cellule specializzate nel riassorbimento. Precisamente la coltura di staminali, prelevate dai maiali, è stata indirizzata per ottenere cellule del tubulo prossimale; nasce così il RTAD (Renal Tubule Assist Device). Si tratta del componente chiave di quello che in futuro potrà diventare un rene artificiale, biocompatibile e impiantabile nel paziente. Un vero e proprio rene bionico sarebbe, infatti, la soluzione ottimale per i pazienti, i ricercatori hanno fatto un primo importante passo verso questo obiettivo.
Per ora il RTAD è un dispositivo esterno, viene collegato alla unità standard di emofiltrazione e si usa, in fase sperimentale, nei pazienti con insufficienza renale acuta. Negli Stati Uniti i pazienti in cui si verifica, a causa di un'infezione o di un trauma, un blocco renale sono circa 190.000 ogni anno: ricoverati nei reparti di cura intensiva trascorrono in media 10 giorni in dialisi continua, in attesa che i loro reni riprendano a funzionare. Nonostante le terapie, il 50% di essi muore prima che i reni abbiano recuperato la funzionalità, per questo motivo è stato autorizzato l'impiego di un apparecchio a doppia camera: la prima cartuccia filtra e la seconda, contenente cellule del tubulo prossimale, riassorbe.

I primi risultati


I primi dati sono stati pubblicati nel 1999 e riguardavano esperimenti su animali da laboratorio, poi si è passati (ottobre 2001) a 3 pazienti giunti all'ospedale con un blocco renale molto grave. Si è utilizzato, insieme all'apparecchio per l'emofiltrazione, il RTAD per 24 ore, monitorando tutti i parametri funzionali del rene. Questo primo esperimento sull'uomo ha dimostrato che il dispositivo era sufficientemente sicuro, perciò l'FDA ha autorizzato test ulteriori su un numero più ampio di pazienti (24) e per un tempo più lungo.

Il futuro

La speranza dei ricercatori è di ottenere 3 dispositivi bioartificiali, efficaci e sicuri, capaci di: purificare il sangue dalle scorie, riassorbire i costituenti necessari, secernere la giusta quota di eritropoietina. L'eritropoietina è indispensabile per la sintesi dei globuli rossi, in sua assenza il paziente va incontro ad anemia, che deve essere corretta con farmaci adatti. Una volta prodotti questi tre componenti con materiale biocompatibile, il passo successivo sarebbe quello di assemblarli e impiantarli nel paziente, così da sostituire completamente le funzioni renali perdute.

Elisa Lucchesini



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