Magri col bisturi

26 ottobre 2005
Aggiornamenti e focus

Magri col bisturi



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La chirurgia bariatrica, cioè gli interventi che hanno lo scopo di ridurre il peso, non è una novità assoluta, e molti studi mostrano che il suo impiego si è diffuso in tutto il mondo industrializzato. Se ne è parlato recentemente anche in Italia, però soprattutto per un caso di decesso del paziente. Il tema merita invece di essere trattato anche per ben altri aspetti, tanto che JAMA, la rivista dell'American Medical Association, ha dedicato uno dei suoi ultimi numeri alla pubblicazione di ben tre studi sulla chirurgia bariatrica, o meglio sui suoi esiti, e di un lungo editoriale di commento. Ed è proprio l'editoriale che affronta i temi più generali.

Cali di peso non duraturi


Secondo l'autore, per cominciare, la recente fortuna di queste metodiche è dovuta al fatto che sembra delinearsi una scarsa efficacia degli altri approcci all'obesità grave (quella caratterizzata da un indice di massa corporea superiore a 40). Si dimagrisce, è vero, ma spesso non abbastanza e non abbastanza a lungo. Proprio per questo, si dice nell'editoriale, si dovrebbe semmai assistere a un ricorso anche più esteso alla chirurgia. Il fatto, prosegue, è che mentre è considerato normale di fronte a una calcolosi della colecisti, consigliare un intervento, non è ancora lo stesso per l'obesità grave, anche se accompagnata da comorbidità (diabete tipo 2, ipertensione). Eppure gli studi che mostrano un vantaggio in termini di sopravvivenza e di salute non mancano.E' chiaro che a pesare su questa riluttanza sono anche i casi sfortunati cui si accennava all'inizio. Tuttavia anche gli studi pubblicati da JAMA, sembrano convergere su almeno due conclusioni. La prima è che le complicanze dell'intervento riguardano soprattutto i casi più gravi, e si traducono in un aumento dei ricoveri nei tre anni successivi all'operazione rispetto all'anno precedente; lo stesso si può dire della mortalità, che nelle persone sottoposte al trattamento è più elevata che nella popolazione generale. D'altra parte, questi casi meno felici nell'esito sono più frequenti quando il chirurgo può contare su un'esperienza più limitata e, quindi, non tutti i centri che offrono la chirurgia bariatrica si equivalgono. Questo resta comunque un problema in tutto il mondo e, entro certi limiti, per tutta la chirurgia, a meno che si tratti di interventi semplici e di routine (l'appendicectomia, per esempio).

Miglioramenti in vista


Quello che deve indurre a considerare con ottimismo il futuro della "chirurgia dell'obesità", comunque, è il fatto che per ora gli studi stanno ancora facendo i conti con situazioni in cui si ricorreva a interventi a cielo aperto, al by-pass gastrico, mentre oggi si vanno diffondendo tecniche meno invasive. Per esempio il bendaggio gastrico regolabile, una sorta di anello che stringe lo stomaco così da ridurne la dilatazione e, quindi, limitare l'introito di cibo. Poi si ricorre sempre più spesso all'endoscopia, evitando le grandi incisioni, e questo da sempre riduce le complicanze tipiche di qualsiasi intervento (infezione della ferita ed ernia incisionale, per esempio), ma anche quelle specifiche della chirurgia bariatrica. Insomma, è l'invito degli autori, d'ora in poi il medico, e il paziente, devono tenere presente che nei casi più gravi di obesità la chirurgia è una delle opzioni a pieno titolo. Certo non è la bacchetta magica, ma in alcuni casi è l'unica soluzione possibile.

Maurizio Imperiali



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