Prevenire il fuoco di Sant'Antonio

21 giugno 2006
Aggiornamenti e focus

Prevenire il fuoco di Sant'Antonio



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L'herpes zoster è un disturbo piuttosto comune, specie tra gli anziani, noto come fuoco di Sant'Antonio per il dolore bruciante che provoca, che può durare anche anni ed essere così invalidante da ridurre la normale funzionalità in misura paragonabile a malattie come le cardiopatie o la depressione maggiore. Inoltre quando residua questa temibile complicanza, la nevralgia post-erpetica, spesso appare refrattaria alle terapie. Per questo è una buona notizia che si sia compiuto un significativo progresso sul fronte della prevenzione, con la messa a punto del primo vaccino contro il virus varicella-zoster (VZV), agente della malattia, che ha ricevuto a fine maggio l'autorizzazione dell'agenzia europea per i farmaci, EMEA (poco dopo quella della corrispettiva statunitense FDA), e dovrebbe essere disponibile in Italia a partire dal 2007, come appena annunciato in un congresso sulla patologia a Lisbona. A causare l'herpes zoster è infatti una riattivazione del virus della varicella che è rimasto latente nei gangli nervosi sensoriali in persone che erano state infettate in età infantile e per questo parzialmente immunizzate, ma che riprende il sopravvento in occasione di un indebolimento delle difese immunitarie, come avviene con l'invecchiamento o in situazioni patologiche quali infezioni (AIDS), tumori, trapianti d'organo. Ne deriva una manifestazione cutanea con eritema e vescicole (rash) nelle aree corrispondenti ai nervi colpiti, più spesso quelle toraciche o innervate dal trigemino, accompagnata da dolore, che durano poche settimane, ma alle quali possono residuare complicanze debilitanti, prima tra tutte la nevralgia post-erpetica; possono insorgere in fase acuta anche febbre, cefalea, nausea, e si possono avere deficit motori facciali, debolezza, problemi urinari, encefalite.

Un virus latente


L'herpes zoster è abbastanza frequente, registrando circa 1,5 milioni di nuovi casi all'anno in Europa, dei quali almeno 200.000 in Italia, e tanto l'incidenza quanto la gravità aumentano con l'avanzare dell'età, infatti riguarda in maggioranza persone oltre i 50 anni, che sono pure le più colpite dalla nevralgia post-erpetica (il dolore dura più di un anno in quasi metà dei malati oltre i 70 anni); la terapia antivirale può migliorare il quadro ma non prevenire lo sviluppo della complicanza e anche gli altri trattamenti sono sintomatici e comunque non specifici. L'incremento di incidenza e severità dello zoster e della nevralgia nell'età avanzata è correlato con il declino dell'immunità cellulo-mediata al VZV e si è osservato che questa poteva essere aumentata con un vaccino anti-VZV in anziani non immunocompromessi. L'ipotesi di riuscire a conferire una protezione contro la malattia vaccinando persone in età avanzata è stata quindi verificata da un ampio trial statunitense dello Shingles prevention study group, che ha coinvolto 38.500 soggetti dai 60 anni in su, non immunocompromessi, ai quali è stato iniettato sottocute un vaccino vivo attenuato dello stesso tipo di quello utilizzato per immunizzare i bambini dalla varicella, ma notevolmente più potente rispetto a esso (di almeno 14 volte), oppure placebo. I risultati dello studio sono stati positivi: l'immunizzazione ha infatti dimezzato rispetto al placebo l'incidenza dell'herpes zoster, diminuito il peso della malattia espresso come dolore e discomfort del 61%, ridotto l'incidenza della nevralgia post-erpetica del 66,5%; il vaccino è risultato sicuro e tollerato, oltre che efficace.

Candidati gli anziani, strategia da decidere


La vaccinazione potrebbe dunque essere una scelta vincente per arginare il prevedibile aumento dei casi di herpes zoster e relative complicanze in conseguenza al progressivo incremento degli anziani nella popolazione; potenzialmente si rivolge infatti alla fascia al di sopra dei 60 anni. La strategia d'impiego andrà però valutata, non necessariamente si suggerirà una vaccinazione di massa oltre una soglia d'età. Questo per almeno due ragioni. Bisogna analizzare infatti il rapporto costo/efficacia dell'immunizzazione, che nello studio americano risulta peraltro favorevole; l'incidenza dello zoster potrebbe poi essere minore negli adulti che sono stati vaccinati contro la varicella da bambini rispetto a quelli che erano andati incontro naturalmente all'infezione: negli Usa per esempio è obbligatoria si ritiene che entro il 2047 lo sarà la maggior parte delle persone di mezza età, mentre da noi appartiene alle vaccinazioni solo consigliate e in bambini suscettibili di contrarre l'infezione o in adulti esposti professionalmente. Ma resta una questione aperta anche la durata della protezione con l'antivaricella, una sola dose non basta e sembra che il richiamo a volte non basti a evitare la ripresa di focolai epidemici; una strategia proposta è somministrare di routine due dosi, in situazioni di maggiore esposizione.

Elettra Vecchia



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