Giovani spugne: un affare

09 giugno 2006
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Giovani spugne: un affare



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Se si beve già da giovani, cominciando prima dei 15 anni, si ha una possibilità quattro volte superiore di diventare un bevitore patologico. Ciononostante, negli Stati Uniti, ogni giorno 13000 giovani di età inferiore a 21 anni (che è la soglia per acquistare e consumare legalmente alcolici) consumano il loro primo drink alcolico. Dati statunitensi, certo, ma in Italia la situazione non cambia di molto. I dati dell'anno 2000 dell'Istat segnalavano poco meno di mezzo milione di consumatori nella fascia di età tra 14 e 17 anni. Ma tornando agli Stati Uniti, i costi correlati all'alcolismo ammontavano, nel 1998, a 184 miliardi di dollari, più di quelli determinati dal cancro (107 miliardi) e dall'obesità (100 miliardi). Detto in poche parole: un bevitore patologico su 3 ha meno di 20 anni.

Chi ben comincia...


Si sa che questi discorsi non piacciono, ma qualcuno ci guadagna. E così, sempre negli Stati Uniti, uno studio ha cercato di stabilire quanta parte del fatturato dell'industria dell'alcol (dalla birra in su) sia dovuto a chi beve illegalmente e ai bevitori patologici, definiti in base ai criteri del DSMIV (il manuale di diagnostica universalmente accettato dagli psichiatri). I ricercatori sono partiti da diverse indagini: dai dati del censimento nazionale e a quelli di ricerche appositamente dedicate all'abuso di droghe e altre sostanze. Tra i giovani dai 12 ai 20 anni, i bevitori erano più del 47%, dove per bevitori si intende chi negli ultimi 30 giorni aveva consumato alcol. Tra questi giovani bevitori, quelli che mostravano un comportamento patologico verso l'alcol erano poco meno del 26%, una notevole differenza rispetto ai bevitori adulti, tra i quali solo il 9,6% presentava le caratteristiche dell'abuso o della dipendenza. In base ad altri dati, si è valutato che cosa bevessero i bevitori patologici. Per gli adulti il consumo preferito era la birra o i coolers (vodka e aranciata in bottiglia o simili), per il 18,3% i superalcolici e per l'11% circa il vino. Tra quelli compresi tra 18 e 20 anni (non c'erano dati per i più giovani) la birra rappresentava il 79,6, i superalcolici il 17,5% e il 2,9% vino. E' da notare che tra i bevitori "normali" la birra ha meno successo, visto che conta per il 56% tra gli adulti e per il 71% tra i più giovani. Sempre tra i bevitori razionali, ha più fortuna il vino: 27,2% negli adulti e 7,7% tra i giovani. Per stabilire quanto rendano le bevute prima dell'età legale, i ricercatori hanno esteso questi dati a tutti i consumatori sotto i 20 anni. Prima di dare le cifre, però, serve un altro dato: i giovani che abusano di alcol o sono dipendenti, assorbono (è il caso di dirlo) quasi la metà dei consumi riferiti a questa fascia di età, il 47% circa. Su un giro d'affari complessivo di 128,6 miliardi di dollari, i consumi di giovani e giovanissimi forti bevitori rappresentano l'8,2%, quelli degli adulti forti bevitori il 21%. Sommando anche i consumi "normali" di giovani e giovanissimi si arriva al 17,5% per un valore di 22 miliardi e mezzo di dollari.

E' il mercato, bellezzza


E ora, via al linguaggio del marketing: qualsiasi azienda ha due modi di incrementare il fatturato, trovare nuovi consumatori, aumentare il consumo di ciascun cliente. Far bere i giovani risponde a entrambi gli scopi: grazie all'arruolamento precoce, ecco oltre 22 miliardi di dollari in cassa, quanto alle prospettive future, è dimostrato che cominciando a bere a questa età le probabilità di garantirsi un forte consumatore in età adulta aumentano enormemente. Di qui il gran numero di spot e messaggi pubblicitari legati all'alcol cui sono sottoposti anche i giovanissimi, e la relativa indifferenza delle varie authority. E non è soltanto la pubblicità: arduo vedere nelle soap qualcuno che fumi, ma quanto a trincare non si scherza. Però è arduo promuovere linee ultraproibizioniste: l'alcol fa parte della cultura occidentale (e non solo) e, d'altra parte, gli stessi studi dimostrano che per ogni anno che si attende prima del primo bicchiere, il rischio di diventare beoni diminuisce del 14%. Serve educazione, più che repressione e, magari, alzare i prezzi: non è un caso che il vino, molto caro negli Stati Uniti, non rappresenti un best seller dell'abuso.

Maurizio Imperiali



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