Insufficienza renale: farmaci, dialisi e trapianto

10 marzo 2011
Interviste

Insufficienza renale: farmaci, dialisi e trapianto



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In Italia ci sono 15 milioni di ipertesi, cinque milioni di diabetici e 10 milioni di obesi. Tutte queste persone sono a forte rischio di nefropatie, cioè malattie che colpiscono i reni. Il 10% di questi soggetti è malato senza saperlo, perché i reni sono un organo asintomatico, dunque ci si accorge troppo tardi di aver un problema. Ce lo conferma, in occasione della Giornata mondiale del rene del 10 marzo, Giuseppe Remuzzi, Primario dell'unità operativa di nefrologia e dialisi degli Ospedali Riuniti di Bergamo, che sottolinea come l'insufficienza renale che in Italia colpisce circa 5 milioni di persone, sia un male subdolo, che spesso si manifesta solo quando il paziente si trova in uno stadio avanzato, con la sola alternativa della dialisi e del trapianto. Ma prevenire è importante e soprattutto possibile.

Perché i reni si ammalano? Ci sono soggetti più a rischio?
I diabetici, gli ipertesi, i soggetti esposti a sostanze tossiche (farmaci in primis) o con familiarità ma anche con alterazioni genetiche, non necessariamente ereditarie, sono quelli più facilmente a rischio di insufficienza renale. A questi vanno aggiunti i soggetti obesi.

Esistono comportamenti preventivi?
La prevenzione comincia dalla mamma in attesa che deve avere una dieta il più possibile proteica per favorire il corretto sviluppo renale. Poi è importante il movimento, utile sia per il cuore sia per i reni, e un controllo della pressione periodico. Per quel che riguarda la dieta dell'adulto è importante mangiare con pochi zuccheri ed evitare le proteine da carne rossa, ma il consiglio essenziale è quello di ridurre il sale. La nostra alimentazione ne ha troppo e ha troppi cibi conservati.

Ci sono novità importanti per la cura dell'insufficienza renale coi farmaci?
Una premessa è importante. In Italia ci sono 90000 persone in dialisi, più di due milioni nel mondo, per un costo complessivo per il sistema sanitario nei prossimi dieci anni di più di 1000 miliardi di euro. L'alternativa farmaci è, perciò, importante e su una classe in particolare si stanno concentrando gli sforzi, quella degli ace-inibitori. Si tratta di farmaci utilizzati per la pressione alta che hanno però evidenziato un ruolo nel ridurre il passaggio di proteine nelle urine, rallentando il decorso della malattia renale. Ma c'è un problema.

Quale?
Bisogna accorgersene presto perché i farmaci possano essere efficaci. E non è semplice. Il cuore batte e il polmone respira, il rene non fa alcun rumore. Questo significa che a meno di coliche renali dolorose o di malattie infettive a carico dei reni, è difficile riconoscere una malattia renale, anche per la grande capacità di questi organi di sopperire con pochi nefroni a un eventuale deficit. Succede così che spesso riconosciamo la malattia a uno stadio già troppo avanzato, quando la dialisi è inevitabile.

Come si può ovviare a questo problema?
Con l'esame delle urine che dà un quadro chiaro. E farlo ogni due anni potrebbe essere una buona abitudine. Un caso a parte è quello dei diabetici. Alla diagnosi di diabete bisogna subito pensare al rene, prima che ci si ammali. E la maggior parte dei malati di insufficienza renale cronica sono diabetici.

Veniamo al capitolo dialisi
L'ideale sarebbe poter fare più trapianti. La dialisi, infatti, non restituisce la completa funzionalità renale dal momento che viene effettuata tre volte alla settimana per quattro ore, un totale di dodici ore. Un'alternativa possibile sempre più in uso e quella della dialisi notturna, durante il sonno, che garantisce dodici ore consecutive. Ma certo l'ideale sarebbe poterla fare per breve tempo.

Per i trapianti ci sono prospettive interessanti all'orizzonte?
Si, almeno un paio importanti. A partire da uno studio italiano, che ha visto coinvolti i centri di Bergamo, Padova e Genova insieme a quelli di Boston e Montreal, sta entrando nella pratica il ricorso a due reni da donatore anziano, trapiantati per sostituirne uno nel soggetto malato. Un tipo di intervento che garantisce una disponibilità di reni superiore del 30% e che ora sta prendendo sempre più piede. In più ci sono importanti prospettive nella riduzione del rigetto di organi, un problema rilevante che costringe il paziente a ricominciare l'iter. L'ideale sarebbe il trapianto definitivo e la strada intrapresa sembra promettente.

di Marco Malagutti



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