Obesi al Tar: gli anti-fame sono terapia, non stupefacenti

21 ottobre 2011
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Obesi al Tar: gli "anti-fame" sono terapia, non stupefacenti



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Il Comitato per i diritti delle persone affette da obesità e disturbi alimentari (Cido) ha aderito alla posizione dei medici ricorrenti contro il ministero della Salute, sulla richiesta al Tar Lazio di annullamento del decreto ministeriale che ha classificato come stupefacenti, e proibitone la produzione, prescrizione e vendita in Italia, quattro sostanze "anti-fame", tra cui la fendimetrazina. Si tratta, sostiene il Cido in una nota, di sostanze «utilizzate da decenni e con ottimi risultati per la preparazione di medicinali galenici efficaci nella cura di pazienti affetti da obesità» e il decreto in questione «dall'oggi al domani, ha eliminato dai piani di cura di migliaia di pazienti degli importantissimi presidi terapeutici, e ciò senza nemmeno valutare l'impatto che una tale decisione avrebbe avuto su quei soggetti che avevano trattamenti in corso, nonché i danni che gli stessi avrebbero subito a seguito di una loro brusca interruzione». Secondo il Comitato sono «del tutto infondate ed eccessivamente allarmistiche le motivazioni che hanno condotto il Ministero ad eliminare dal commercio tali medicinali, in quanto basate sostanzialmente su casi di abuso degli stessi, in quanto assunti in combinazione con altre sostanze se non addirittura con droghe, al di fuori di qualsiasi consapevole controllo medico». Si teme, inoltre, da una parte la discriminazione contro persone colpite da obesità paragonando «persone malate a dei consumatori di stupefacenti» e dall'altra che questa «sempre più dilagante patologia» non venga riconosciuta come tale: «Se l'obesità non è una malattia, per definizione sono superflui, inutili e ovviamente dannosi i medicinali predisposti per la sua cura. Ma così non è e non deve essere».



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