Risonanza, radiografia e Tac: scelta con consenso davvero informato

05 marzo 2013
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Risonanza, radiografia e Tac: scelta con consenso davvero informato



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Se fare o non fare una tomografia computerizzata (Tac) lo decide il medico, spesso senza spiegare i potenziali danni connessi all'esame. E anche quando lo fa, l'informazione è sommaria e non aumenta le conoscenze del paziente su rischi e benefici. Parola di Tanner Caverly, internista al Dipartimento di medicina preventiva dell'Università del Colorado e primo autore di una lettera di ricerca sull'argomento inviata a Jama. «Fino a un esame radiologico su tre viene prescritto in situazioni in cui il rapporto tra benefici diagnostici e rischi potenziali non è poi così favorevole» osserva il ricercatore, sottolineando che spesso anche i medici non sono sempre così ben informati sui rischi radiologici. «Per evitare l'abuso di imaging, quindi, la migliore strategia è l'informazione: e quando i pazienti vengono messi al corrente di pro e contro, spesso optano per una diagnostica meno aggressiva». Per valutare il livello di comunicazione del rischio prima della prescrizione di una Tac, Caverly e colleghi hanno intervistato 271 pazienti che dovevano sottoporvisi al Denver veterans affairs medical center tra novembre e dicembre 2011. Spiega l'internista. «I pazienti dovevano dare una classifica personale sui danni da radiazioni associati a una radiografia del torace, una Tac, una risonanza magnetica (Mri) e un anno di vita in Colorado». Ed ecco i risultati: il 37% dei partecipanti sapeva che una Tace spone a più radiazioni di una lastra del torace, e il 53% era sicuro che il rischio radiologico di una Tac fosse maggiore che un anno di vita in Colorado. Ma gran parte dei pazienti, il 62%, era convinta che la decisione finale sulla prescrizione di una Tac spettasse al medico, mentre una minoranza di essi (35%) aveva discusso rischi e benefici dell'esame con il suo dottore. Infine, solo un misero 17% aveva valutato con il prescrittore l'effettiva utilità dell'esame con un vero consenso informato. «Alla luce di questi risultati, credo che correggere la mancanza di conoscenza e di comunicazione del rischio, così da incrementare le decisioni condivise, sia la strategia principale per frenare l'abuso di imaging» commenta sullo stesso numero di Jama Patrick O'Malley, direttore di Medicina interna del Walter Reed army medical center a Bethesda, Maryland.



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