Hiv, neonata guarita. L'esperto: caso da seguire con attenzione

06 marzo 2013
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Hiv, neonata guarita. L'esperto: caso da seguire con attenzione



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Una bimba nata con il virus dell''Hiv in Mississippi negli Usa è stata curata sin dalle prime ore di vita. Ventinove giorni dopo nel sangue della piccola non c'era più traccia del virus. Il trattamento è comunque continuato per 18 mesi e da allora la piccola, che oggi ha due anni e mezzo, è completamente sana, senza più traccia del virus.

«Si è trattato di un intervento d'emergenza, un caso emblematico che merita di essere seguito e studiato» ci ha detto Mauro Moroni, direttore della Scuola di specializzazione in malattie infettive dell'università di Milano «ma non può assolutamente rappresentare una strategia nei paesi occidentali. In tutto l'Occidente, la prassi, riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità, praticata da oltre un decennio ed efficace, è quella di identificare le madri sieropositive e trattarle per tutto il corso della gravidanza. In questo modo la carica virale materna viene ridotta al minimo azzerando, di fatto, la probabilità di contagio al neonato al momento del parto, che sarà opportunamente programmato. In seguito si esegue una terapia profilattica nel neonato per il primo mese di vita. Grazie alla disponibilità di strutture specializzate che possono seguire le madri con Hiv» continua Moroni «da quando il test è diventato obbligatorio per tutte le donne in gravidanza non nascono praticamente più bambini sieropositivi e le procedure sono talmente consolidate che oggi una coppia di adulti infetti può pianificare una gravidanza in tutta sicurezza, sia per la madre che per il nascituro». Diversa la situazione delle donne extracomunitarie che, anche nel nostro paese, scoprono di essere sieropositive quando giungono all'osservazione medica al momento del parto. In questi casi ci si potrebbe trovare in una situazione analoga a quella descritta dai ricercatori del Mississippi, ma non ci sono ancora elementi per trarne delle indicazioni anche perchè, purtroppo, conclude Moroni«non si può escludere del tutto che l'Hiv abbia comunque costituto una riserva virale latente in qualche tessuto della bimba».



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