Le radiazioni in diagnostica

24 maggio 2019
Aggiornamenti e focus

Le radiazioni in diagnostica



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La storia della diagnostica medica per immagini cominciò nel 1895, più di un secolo fa. Fu allora che il fisico tedesco Wilhelm Conrad Roentgen riuscì mettere a punto il primo apparecchio che consentiva la visione dell'interno del corpo umano su lastre opache di materiale impressionabile (vere e proprie pellicole fotografiche). Tutto questo grazie ai raggi X, che altro non sono che radiazioni, per di più ionizzanti.
Questo per sottolineare che le radiazioni hanno anche un aspetto positivo, un impiego a tutela della salute. Anche se, ovviamente, un rischio pur se ridotto al minimo, c'è.

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Nucleare ma benefica


La tomografia ad emissione di positroni (PET) è uno degli strumenti diagnostici più innovativi, che sta conoscendo sempre maggiori consensi tra i clinici nelle diverse applicazioni diagnostiche. Questa tecnica permette di studiare in vivo la biodistribuzione (cioè la distribuzione nei tessuti viventi) di svariati precursori metabolici, marcati con isotopi emettitori di positroni, e di ottenere immagini funzionali che descrivono la bioripartizione del tracciante. Il radiofarmaco oggi più utilizzato è 18FDG (fluorodesossiglucosio) che, introdotto nell'organismo, ha la caratteristica di essere assunto dalle cellule allo stesso modo del glucosio. La gran parte dei processi biologici che richiedono energia hanno necessità di utilizzare il glucosio come substrato, per cui si comprende come un analogo del glucosio, come l'18FDG possa essere considerato un marcatore di tutti i processi cellulari in attiva proliferazione.

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Risonanza, radiografia e Tac: scelta con consenso davvero informato


Ogni anno in Italia vengono eseguite da 36 a 43 milioni di prestazioni radiografiche. In media una per cittadino, bambini esclusi. Al Pronto Soccorso il 35% degli esami avviene con apparecchi radiologici tradizionali (la classica lastra), nel 10% dei casi entra in azione la TC che produce immagini di elevata qualità (specie i modelli di ultima generazione, multistrato), ma emette alte dosi rispetto alle tecniche convenzionali.
Secondo il prof. Lagalla, nel suo dipartimento a Palermo, il 70% dei referti dei medici di Pronto Soccorso è negativo, cioè non evidenzia lesioni: c'è il sospetto che in gran parte si possa parlare di "esami inutili". Risulta fondamentale ridurre il numero degli esami radiologici "inappropriatamente" richiesti ed eseguiti, evitare che il paziente sia sottoposto, quando non sia realmente necessario, all'esposizione a radiazioni ionizzanti e ridurre di conseguenza le liste d'attesa che hanno subito, negli ultimi anni, un incremento significativo in seguito alla accresciuta offerta di prestazioni di diagnostica per immagini che ha determinato una domanda non sempre del tutto giustificata.  (*)  
Se fare o non fare una tomografia computerizzata (Tac) lo decide il medico, spesso senza spiegare i potenziali danni connessi all'esame. E anche quando lo fa, l'informazione è sommaria e non aumenta le conoscenze del paziente su rischi e benefici. Parola di Tanner Caverly, internista al Dipartimento di medicina preventiva dell'Università del Colorado e primo autore di una lettera di ricerca sull'argomento inviata a Jama. «Fino a un esame radiologico su tre viene prescritto in situazioni in cui il rapporto tra benefici diagnostici e rischi potenziali non è poi così favorevole» osserva il ricercatore, sottolineando che spesso anche i medici non sono sempre così ben informati sui rischi radiologici. «Per evitare l'abuso di imaging, quindi, la migliore strategia è l'informazione: e quando i pazienti vengono messi al corrente di pro e contro, spesso optano per una diagnostica meno aggressiva».

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Radiazioni in gravidanza

«È vero che in gravidanza non ci si può sottoporre a una radiografia?». «Posso far fare senza timori una Tac al mio bimbo?». Le perplessità manifestate dai pazienti nei confronti delle radiazioni ionizzanti (i classici raggi X per la diagnostica radiologica e la Tac) sono numerose e si trasformano spesso in una sorta di radiofobia se a sottoporsi all'esame sono le donne in gravidanza e i bambini.

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(*) Dati da Linee Guida per il rischio radiologico - ASP Enna



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