SLA: curarla è possibile? Si testano nuovi farmaci

10 dicembre 2019
Aggiornamenti e focus

SLA: curarla è possibile? Si testano nuovi farmaci



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Sebbene la ricerca stia compiendo grandi progressi nella conoscenza dei meccanismi alla base della malattia, non esistono al momento trattamenti particolarmente efficaci. Per questo motivo, i ricercatori stanno studiando i meccanismi patologici che portano alla degenerazione dei motoneuroni concentrandosi su diversi fronti. Attualmente, la principale cura dei pazienti è l'intervento tempestivo per gestire i sintomi. Ad oggi, sebbene ci siano risultati incoraggianti nella ricerca di nuove molecole, non esistono terapie farmacologiche efficaci in grado di arrestare o rallentare significativamente la progressione della malattia: sono due i farmaci indicati per la SLA, il riluzolo e l'edaravone, che possono rallentare il decorso della malattia.

Che cos’è la SLA?


La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), è una malattia neurodegenerativa progressiva dell'età adulta, determinata dalla perdita dei motoneuroni spinali, bulbari e corticali, che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori. I motoneuroni sono le cellule responsabili della contrazione dei muscoli volontari, coinvolti principalmente per il movimento, ma anche per le funzioni vitali, come la deglutizione, la fonazione e la respirazione: la loro degenerazione implica la progressiva paralisi dei muscoli innervati. Nella SLA i motoneuroni non sono in grado di portare le informazioni elettriche dal cervello e dal midollo spinale al muscolo, che come risultato diventa quindi inattivo.
La SLA colpisce solitamente persone di età compresa tra i 40 e i 70 anni, anche se può colpire in età più giovane. Si stima che in Italia siano presenti più di 6mila persone affette da SLA, La SLA è più frequente negli uomini che nelle donne, anche se con l'aumentare dell'età, l'incidenza della malattia tenda ad essere pressoché uguale nei due sessi.

Sintomi della SLA


Le manifestazioni cliniche sono caratterizzate da, debolezza muscolare agli arti superiori e inferiori con riduzione della forza; fascicolazioni (contrazioni muscolari involontarie) e atrofia muscolare focale con disturbi della motilità attiva e dell'andatura, che peggiorano sino alla paralisi. Ad essere colpite per prime sono in genere le mani. Successivamente la paralisi dei muscoli respiratori conduce progressivamente ad una insufficienza respiratoria, che richiede l'uso della ventilazione assistita. Le capacità cognitive non vengono invece interessate dal processo neurodegenerativo, sicché la persona con SLA assiste nel pieno delle sue facoltà mentali al progredire del quadro clinico.

La SLA può essere familiare

Esistono due diversi tipi di SLA, una è detta sporadica, che è la più frequente, mentre l'altra familiare. Infatti, nel 10% di casi la SLA sembra avere una causa familiare e genetica, cioè è causata da una mutazione in qualche gene responsabile. Le due forme hanno però gli stessi sintomi e lo stesso decorso.
Data la grande eterogeneità di questa patologia, la diagnosi risulta ancora complessa e non esistono al momento terapie farmacologiche efficaci in grado di fermare o rallentare significativamente la progressione della malattia. Tuttavia, grazie al supporto di ausili tecnologici, alla maggiore consapevolezza dei bisogni dei pazienti e al sorgere di centri clinici specializzati nel corso degli anni la qualità di vita dei malati è decisamente migliorata.

SLA: nuove speranze dalla ricerca

Nuove speranze nella cura della SLA arrivano dalle ricerche presentate in occasione del Convegno scientifico AriSLA, (Fondazione Italiana di Ricerca per la SLA), che interessano i meccanismi di insorgenza della malattia fino a quelli che testano nuove molecole atte a rallentare la sua progressione o che mettono a punto strumenti in grado di migliorare la qualità di vita delle persone. 
Di particolare interesse sono risultati preliminari presentati dello studio clinico PROMISE, condotto su 206 pazienti affetti da SLA, che ha valutato la progressione della malattia nel corso di 6 mesi e la variazione nel sangue di specifici biomarcatori, con dosi diverse del farmaco guanabenz insieme al trattamento di riferimento con riluzolo. I risultati dello studio, che ha coinvolto 24 centri italiani, sono statisticamente significativi riguardo ad un effetto positivo dipendente dal dosaggio di guanabenz nel rallentare il decorso della SLA. Se l'analisi dettagliata dei dati raccolti confermerà queste evidenze preliminari, sarà disegnato un nuovo studio di fase III.


Chiara Romeo




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