Adroterapia: efficace strumento di lotta al cancro

21 marzo 2016
Interviste

Adroterapia: efficace strumento di lotta al cancro



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A breve dovrebbe essere inserita tra le prestazioni sanitarie essenziali, garantite e rimborsate in egual modo in tutte le regioni italiane, a riprova del fatto che l'adroterapia dopo una lunghissima fase sperimentale è oramai a tutti gli effetti uno strumento efficace di lotta al cancro.
L'Italia è all'avanguardia in Europa e nel mondo, con il Centro nazionale di adroterapia oncologica (Cnao) di Pavia, che dispone di un potente acceleratore di particelle concettualmente simile, in piccolo, a quello del Cern di Ginevra. Dica33 ha fatto il punto della situazione con Roberto Orecchia, direttore scientifico del Centro nazionale di adroterapia oncologica (Cnao) di Pavia e dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, dove da molti anni dirige il reparto di radioterapia.

Professor Orecchia, in che cosa consiste l'adroterapia?
«L'adroterapia è analoga alla radioterapia, ma anziché i raggi X, per bombardare le cellule tumorali usa delle armi più precise e potenti, ottenute grazie all'anello acceleratore che ci permette di indirizzare sul tumore, secondo i casi, protoni (ovvero la particella elementare che costituisce il nucleo dell'atomo di idrogeno, e insieme al neutrone forma l'unità base di tutti i nuclei atomici) o ioni carbonio (ovvero atomi di carbonio a cui è stato sottratto un elettrone)».

Ci sono differenze nell'uso del protone o dello ione carbonio?
«Sì, sicuramente ci sono differenze. Rispetto ai raggi X della radioterapia tradizionale, il protone è altrettanto efficace nel distruggere la cellula tumorale, ma permette di colpire la massa tumorale con una precisione molto maggiore. Quando anziché il protone si usa lo ione carbonio si ottiene non solo la maggior precisione, ma anche un'efficacia biologica tre volte maggiore. In prospettiva, con i fisici dell'Istituto nazionale di fisica nucleare stiamo lavorando al progetto di usare anche gli ioni elio (più leggeri) e ioni ossigeno, ancora più pesanti del carbonio e quindi più efficaci contro i tumori radioresistenti: la linea sperimentale è già in costruzione e se tutto va bene la sperimentazione partirà l'anno prossimo».

Quali tumori beneficiano di più della maggiore potenza e precisione dell'adroterapia rispetto alla radioterapia?
«In generale l'adroterapia è un'arma importante per trattare i tumori che si presentano nelle sedi più difficili, che sono circondati da strutture critiche che verrebbero danneggiate, come per esempio quelli alla base del cranio, della colonna, delle ghiandole salivari o dell'addome, oltre per esempio al melanoma dell'occhio. Inoltre, poiché permette di concentrare con maggiore precisione il fascio di particelle sul tumore, consente di ottenere i migliori risultati con la minima esposizione. Per questo appare particolarmente indicata nei tumori già trattati con radioterapia che hanno avuto una recidiva ma anche nei bambini, che si cerca di proteggere il più possibile dall'esposizione alle radiazioni che nelle fasi di crescita comporta la necessità di usare tutte le cautele possibili».

Quanti pazienti avete trattato?
«Al Cnao abbiamo trattato fino a oggi 780 pazienti oncologici, il 20 per cento dei quali avevano già ricevuto uno o più cicli di radioterapia convenzionale. Tenuto conto del fatto che il periodo di osservazione dei pazienti trattati è ancora breve (il primo paziente è arrivato nel 2011), possiamo dire che l'adroterapia ha bloccato il tumore (ne ha arrestato la crescita) nella maggior parte dei casi con percentuali comprese tra l'87 per cento e il 92 per cento, a seconda delle patologie trattate. Al momento attuale siamo in grado di seguire 23 tipologie di tumori (l'elenco è pubblicato nel nostro sito ), tra cui alcuni tumori pediatrici».

A regime il centro conta di arrivare a trattare 2mila pazienti all'anno...
«Sì, l'obiettivo è quello, ma ci arriveremo piano piano, migliorando progressivamente l'organizzazione: la struttura ha tre sale per la terapia, che durante il giorno si alternano nell'usare il fascio di particelle prodotto dall'acceleratore, sincronizzando i movimenti delle tre équipe che seguono i pazienti per ottimizzare il lavoro, che viene preparato ogni volta simulando prima tutto il piano di cura - di notte - con l'uso di un fantoccio. Di notte e nei fine settimana questa preziosa risorsa che rimane in funzione 24 ore su 24 è usata anche per fare ricerca».

Fabio Turone



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