Piacere prolungato chimicamente

15 settembre 2006
Aggiornamenti e focus

Piacere prolungato chimicamente



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Mancava una casella da riempire nel mercato dei farmaci per le disfunzioni sessuali, quella del rimedio per l'eiaculazione precoce. Ora anche questa casella sembra destinata a venir riempita grazie a un antidepressivo, un nuovo inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina (SSRI). Si chiama dapoxetina e di questa molecola si era cominciato a parlare in prospettiva commerciale almeno un paio di anni fa. La Food and Drug Administration, ente regolatorio statunitense, aveva, però, dato uno stop iniziale al farmaco, prodotto dalla divisione Alza Corporation della società statunitense Johnson&Johnson. Ma il gruppo ha proseguito nello sviluppo della molecola, rispondendo alle perplessità dell'Fda, e pare essere giunto, con la benedizione di uno studio pubblicato da Lancet, a una formulazione accettabile. Un gran colpo per il gruppo statunitense, tenuto conto che si tratta di una delle principali disfunzioni sessuali maschili e che andrà incontro a un probabile successo di mercato. Ma come si è svolto lo studio?

Un problema imbarazzante


Già in passato gli SSRI, nati come farmaci per la depressione e altri disturbi psichiatrici, sono stati utilizzati per curare l'eiaculazione precoce, sfruttando più che altro il principale effetto collaterale, quello ritardante. Ma la novità è rappresentata dal fatto che la dapoxetina è il primo trattamento studiato appositamente per questo problema. E il primo per il quale ora si disponga di dati di studi in fase III. Del resto, come spiegano in un editoriale di supporto allo studio Francesco Montorsi e Andrea Salonia, dell'Ospedale San Raffaele di Milano, i pazienti che chiedono aiuto per questo problema sono molti e si tratta spesso di soggetti giovani e di buon livello culturale. Il più delle volte l'eiaculazione precoce ha fatto la sua comparsa dall'inizio della loro vita sessuale. Ma la decisione di chiedere aiuto si è manifestata solo dopo parecchi anni. I motivi sono sempre i soliti: imbarazzo a cercare aiuto per problemi così intimi, ma anche ignoranza dei trattamenti disponibili. Così spesso i pazienti risolvono il rpoblema con un secondo incontro sessuale, subito dopo il primo fallimento. Secondo tentativo destinato per forza di cose a essere più duraturo. Ma questa, spiegano i ricercatori milanesi, non può essere la soluzione. Il fatto è che dopo attente valutazioni si riesce con difficoltà a identificare anomalie organiche o, in alternativa cause psicogene. Non è escluso che ci siano sottili motivazioni biologiche ma non si è in grado di rilevarle. I pazienti, però, non lo accettano e vogliono a tutti i costi conoscere una causa della loro disfunzione sessuale.

Quali terapie?


Le strade perseguite sono state molte: da tecniche ritardanti a terapie comportamentali, da anestetici locali all'uso per l'appunto, di SSRI. Ma le terapie comportamentali non hanno dato i risultati sperati e un supporto farmacologico, secondo i due urologi milanesi, è necessario. Si è pensato in particolare agli SSRI dall'osservazione che nei soggetti depressi in terapia con questi farmaci l'eiaculazione fosse inibita e quindi ritardata. Ora si è arrivati finalmente alla fase III nello studio di questa molecola. Con buoni risultati sembrerebbe. Nella ricerca pubblicata su Lancet gli esperti dell'università del Minnesota hanno unito i risultati di due trial che avevano testato l'efficacia della dapoxetina. In tutto sono stati analizzati 2600 uomini. A 870 era stato somministrato placebo, a 874 una dose di 30 mg di dapoxetina e a 870 una dose di 60 mg. In media all'inizio della valutazione, l'eiaculazione dei partecipanti allo studio avveniva dopo un minuto dall'inizio del rapporto sessuale. Dopo la cura, chi aveva assunto placebo aveva raggiunto il minuto e 75 secondi, il gruppo dei 30 mg i 2,78 minuti e il gruppo dei 60 mg i 3,32 minuti. Qualche effetto indesiderato come nausea, diarrea, mal di testa e vertigini in realtà è comparso, ma il farmaco sembra poter funzionare. Con un vantaggio considerevole su tutti gli altri trattamenti: l'uso "on demand", ossia quando serve, senza bisogno di cronicizzare la terapia. Problema risolto? Per l'azienda produttrice sicuramente, per i pazienti occorrono ancora un po' di tempo e di verifiche.

Marco Malagutti



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