Pesi massimi prestazioni minime

30 giugno 2004
Aggiornamenti e focus

Pesi massimi prestazioni minime



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Pillole blu, gialle o arancione risolvono, e anche radicalmente, i problemi legati alla disfunzione erettile, ma qualcosa si può fare anche senza farmaci, soprattutto quando il disturbo è legato a fattori di rischio quali l'obesità.
In realtà non è il sovrappeso in quanto tale a creare il disturbo ma le disfunzioni che spesso accompagna come, per esempio, l'aumento dei livelli di lipidi nel sangue, le conseguenti patologie cardiovascolari, in particolare l'aterosclerosi. L'irrigidimento e la restrizione delle arterie, comporta una riduzione del flusso del sangue nella rete vascolare corporea, e quindi anche nelle arterie che raggiungono il pene, con conseguente riduzione dell'apporto di sangue.

Obesi e impotenti


Tuttavia, l'obesità è stata recentemente associata in modo più diretto alla disfunzione erettile, a partire dall'osservazione di alcuni casi clinici, nei quali si è condotta la valutazione di parametri della funzione endoteliale (elasticità dei vasi, per intendersi) e marcatori di infiammazione vascolare.
In effetti, i 110 uomini presi a campione, di età compresa tra 35 e 55 anni, per quanto obesi, con un indice di massa corporea superiore a 30, non presentavano altre malattie o fattori di rischio quali il diabete, l'ipertensione o l'iperlipidemia. La ricerca è stata condotta presso il Centro Obesità della Seconda Università di Napoli da ottobre 2000 a ottobre 2003, proprio per verificare se una perdita di peso potesse migliorare la disfunzione misurata con l'indice internazionale, IIEF (International Index of Erectile Function).
Metà degli uomini è stata avviata a un programma che aveva come obiettivo la riduzione del peso corporeo del 10% o più, attraverso una diminuzione dell'apporto calorico giornaliero e l'aumento dell'attività fisica. Gli altri avevano ricevuto solo informazioni generali su come scegliere gli alimenti giusti e suggerimenti su come eseguire gli esercizi.

Un po' di buona volontà


A distanza di due anni i parametri usati per monitorare le condizioni dei "pazienti" erano migliorati ma con un margine di differenza tra i due gruppi. Il primo gruppo era passato da 48 minuti di attività fisica settimanale a 196 minuti, il gruppo di controllo arrivava al massimo a 84 minuti alla settimana. L'indice di massa corporea si era abbassato, in media, di quasi sei punti nel campione che aveva seguito il programma mentre nell'altro gruppo era rimasto pressoché uguale. Seguendo il programma erano diminuite anche le concentrazioni nel sangue di interleuchina 6 e proteina C reattiva, marcatori di infiammazione.
I miglioramenti, come ci si aspettava, interessavano anche il punteggio IIEF. Nel primo gruppo erano 17 gli uomini che avevano raggiunto o superato un punteggio di 22 (il punteggio iniziale di tutti i soggetti arrivava al massimo a 21) risultato ottenuto solo da tre uomini del gruppo controllo.
Un terzo del campione analizzato aveva ottenuto miglioramenti delle prestazioni sessuali semplicemente modificando le abitudini di vita e senza intervenire in modo drastico sul peso corporeo. Gli autori non spiegano le motivazioni di tale cambiamento, va da sé che le variazioni dei parametri di laboratorio supportano l'ipotesi di un miglioramento funzionale, ma non si può escludere che una migliore accettazione e una maggiore autostima, che hanno accompagnato il cambiamento dello stile di vita, non faccia più miracoli di una pastiglia colorata.

Simona Zazzetta



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