Il cuore spezzato va messo al lavoro

06 ottobre 2006
Aggiornamenti e focus

Il cuore spezzato va messo al lavoro



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Non si guarisce dalle malattie cardiache in un colpo solo, dopo attacchi cardiaci, angioplastica, bypass, sostituzione di valvole, trapianti, la strada è lunga prima di poter tornare alla propria vita e non senza impegno. Un impegno organizzato, però, che prevede fasi diverse di una riabilitazione orientata a creare uno stile di vita terapeutico che, almeno in linea teorica, dovrebbe prevenire ulteriori disturbi cardiaci (prevenzione secondaria).

Riabilitazione a fasi


La prima fase del programma di riabilitazione ha inizio presto, subito dopo l'evento cardiaco e cioè durante il ricovero ospedaliero. I primi esercizi sono molto leggeri come camminare o salire le scale, affiancati da un lavoro di informazione del paziente sulla dieta, sui fattori di rischio che potrebbero provocare un altro evento cardiaco, sull'attività sessuale, sugli esercizi fisici da eseguire e su come condurre una vita normale una volta rientrati a casa. La seconda fase è la prima parte della riabilitazione dopo la dimissione dall'ospedale e richiede la supervisione di un cardiologo o di un medico. Per iniziare si attende da due a sei settimane dall'uscita dall'ospedale e il programma impegna per un'ora, tre o più volte alla settimana, per circa tre mesi. L'obiettivo principale è il miglioramento delle capacità funzionali e della resistenza, ma prosegue anche l'educazione sui cambiamenti dello stile di vita. E' un lavoro utile anche per ridurre la paura e l'ansia del paziente di riprendere le normali attività, e per sostenere il riadattamento sociale e psicologico. Sono anche previsti incontri di gruppo o individuali per ricevere informazioni sulla medicina, sulla nutrizione, sulla gestione dello stress, ai quali sono invitati anche i coniugi e i familiari.
La terza fase è una sorta di prolungamento della seconda in cui si prosegue il lavoro iniziato fino a riportare il paziente ad avere una vita indipendente e a reinserirsi nella sua professione.
La quarta e ultima fase è in pratica un programma di benessere che mantiene i successi ottenuti nelle precedenti fasi continuando a migliorare lo stile di vita.

Un metodo che funziona


L'efficacia della riabilitazione è stata provata da numerosi studi che hanno osservato gruppi di pazienti che la seguivano confrontandoli con un gruppo controllo, uno dei quali è stato pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology. In questo caso è stata provata la validità della fase II del programma in pazienti con patologie coronariche, il metodo usato consisteva nel misurare i parametri predittivi di eventi coronarici, in particolare il livello di proteina-C reattiva ad alta sensibilità (high-sensitivity C-reactive protein, HSCRP). E' una proteina associata all'adiposità addominale e ad altri fattori di rischio il cui livello può essere controllato o riducendo il peso corporeo o con la terapia con le statine, ma finora non era mai stato verificato se il programma di riabilitazione cardiaca potesse influire, indipendentemente, su questo parametro.
I livelli plasmatici della HSCRP sono stati rilevati in 277 pazienti con malattie coronariche di cui 235 erano stati assegnati alla fase due della riabilitazione, mentre i restanti 42, i controllo, non la seguivano. I pazienti in riabilitazione migliorarono significativamente l'indice di obesità, il grasso corporeo, la capacità di eseguire gli esercizi e altri fattori di rischio e in particolare fu osservata una notevole riduzione dei livelli HSCRP non osservata nel gruppo controllo, e indipendente dalla prescrizione di una terapia con statine.

Simona Zazzetta



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