La chirurgia si fa piccola

08 settembre 2006
Aggiornamenti e focus

La chirurgia si fa piccola



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Finire sotto i bisturi per un emergenza o per un intervento programmato lascia sempre perplessi e il primo pensiero sono i segni della cicatrice. Ma le preoccupazioni sono anche rivolte al tempo di recupero nella fase post operatoria e alla stessa riuscita dell'intervento. L'evoluzione tecnologica è riuscita a eliminare almeno alcuni di questi timori. Grazie alla laparoscopia, sempre più diffusa in ambito chirurgico, si è passati da tagli di parecchi centimetri di lunghezza a fori di pochi millimetri. I vantaggi estetici sono evidenti, ma per quanto meno scontati, anche quelli clinici sono tutt'altro che trascurabili.

Basta poco


Gli ambiti di applicazione sono molteplici, generalmente riguardano interventi a livello dell'addome o del torace, cioè dove il raggiungimento di organi sottostanti richiederebbe un'ampia incisione. Uno dei maggiori esperti italiani della tecnica, Cristiano Huscher, attuale direttore della divisione di chirurgia generale e d'urgenza dell'ospedale San Carlo, ha illustrato vantaggi e tecnica del metodo in conferenza stampa.
Le lesioni degli organi interni, di natura traumatica trovano indicazione in questo tipo di intervento. Lo testimoniano i successi ottenuti nel Trauma Center dell'ospedale San Carlo, il primo in Italia, presso cui opera Huscher. Risultati raggiunti grazie a un lavoro multidisciplinare di chirurghi, radiologi, internisti, cardiologi. Agli specialisti che devono riparare le lesioni, infatti, arrivano informazioni estremamente precise grazie alle moderne tecniche di imaging e di nuova radiologia: con la tomografia assiale computerizzata e con le ultime TAC c'è la possibilità di avere una ricostruzione visiva dei vasi venosi arteriosi e capire quale vaso è stato danneggiato.
"La complessità delle lesioni da trauma - spiega Huscher - ha sempre portato i chirurghi a eseguire un'ampia incisione, necessaria anche per verificare quali sono o quali sono state le lesioni. Oggi, dopo 16 anni di sperimentazione di chirurgia mininvasiva, si sa per certo che l'esplorazione, con telecamere un tempo, con microchip oggi, è possibile grazie a piccoli fori praticati nell'addome. Attraverso questi si inseriscono piccole cannule, per introdurre anidride carbonica (per poter distendere la cavità addominale, ndr), e il microchip che permette di vedere all'interno, e altre cannule che consentono di lavorare come in chirurgia tradizionale, ma con l'addome chiuso".

Pazienti speciali e ordinari


L'introduzione di questa chirurgia ha consentito di fare un salto di qualità soprattutto con pazienti pediatrici e anziani. "Per esempio, se un anziano cade e si rompe la milza prosegue Huscher - un tempo veniva asportata con un'incisione a forma di L che apriva l'addome, oggi si esegue con tre fori da 9 mm. Ormai non ci sono dubbi, la ripresa con un taglio di 40 cm è drammaticamente diversa dalla ripresa con tre fori di pochi millimetri". I successi ottenuti in campo pediatrico trovano testimonianza nel caso di una neonata affetta da una grave disfunzione dell'intestino, guarita grazie all'intervento. "La procedura si è rivelata particolarmente delicata - ammette il chirurgo - per le dimensioni microscopiche degli organi. Ma è perfettamente riuscito permettendo di ricostruire la normale funzionalità anatomica della bimba di pochi mesi. L'intervento mininvasivo rappresentava un'importante possibilità aggiuntiva di guarigione della neonata: il doloroso e ampio taglio della chirurgia tradizionale - dallo sterno al pube - sarebbe stato molto traumatizzante". E invece con tre fori di 5mm sono stati asportati 25cm di intestino per poi ricostruire la parte anatomica funzionale mancante. A due giorni dall'intervento, la bimba si alimentava e si muoveva e dopo una settimana ha lasciato l'ospedale. La tecnica viene usata anche per urgenze ed emergenze. Per esempio, con i casi di suicidio per ingestione di soda. "Una volta per intervenire bisognava aprire addome torace e colon - prosegue Huscher - oggi si fa con quattro fori nell'addome. Questo grazie ai microchip che sono sufficientemente lunghi per poter esporre un campo operatorio sufficientemente ampio". Ma si affrontano anche rottura di milza, di intestino, traumi da scoppio dello stomaco o che comportano la perforazione dell'esofago, perforazioni da ulcera o da tumore dell'intestino, appendiciti acute in peritonite.

Vantaggi un po' ovunque

"Il vantaggio estetico è molto importante - dichiara Huscher - come pure la riduzione del dolore, ma ciò che è drammaticamente importante è la precisione dei gesti, a volte garantita dai robot, ma anche a mano libera, maggiore e migliore rispetto alla tecnica tradizionale". A questi si aggiunge una riduzione dei costi diretti e indiretti, a vantaggio del paziente, che deve affrontare una degenza più breve, e del servizio sanitario.
Un ambito in cui la chirurgia mininvasiva ha dimostrato una superiorità netta è l'oncologia, nella gestione dei tumori dell'apparato digerente. "In questi casi, oltre ai vantaggi dell'incisione ridotta - conclude Huscher - la tecnica costringe a una precisione che rende l'intervento oncologicamente più corretto. La laparoscopia costringe a legare e chiudere l'arteria e la vena che portano sangue al tumore e poi a rimuovere il tumore, quindi si garantisce una maggiore sicurezza dal punto di vista della diffusione delle cellule tumorali".
La chirurgia sembra quindi destinata a orientarsi a essere sempre meno invasiva e a lasciare sempre meno segni non soltanto sulla pelle dei pazienti ma anche nella loro vita.

Simona Zazzetta



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