Iperglicemia letale

17 novembre 2006
Aggiornamenti e focus

Iperglicemia letale



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Quantificare l'impatto del diabete nelle varie nazioni e l'andamento nel tempo è importante, per poter individuare e pianificare le migliori strategie d'intervento, ma un aspetto che complica questa valutazione è la responsabilità da attribuire ai livelli non ottimali di glicemia, cioè di zucchero nel sangue, che rende estremamente più pesante il bilancio. Secondo uno studio dell'Università di Harvard pubblicato su Lancet la glicemia non ideale moltiplica infatti per tre il peso della mortalità dovuta direttamente al diabete, in quanto costituisce una causa crescente di mortalità cardiovascolare, che è quella più frequente tra chi è colpito dal dismetabolismo. Va ricordato che tra glucosio ematico e rischio cardiovascolare c'è un'associazione continua, e a partire da valori ben inferiori a quelli di glicemia a digiuno considerati soglia per la definizione di diabete o alterazioni correlate. In uno studio si è stimato che ogni riduzione di 1 mmol/l di glicemia a digiuno si associava a una diminuzione del 23% dei rischio di cardiopatia ischemica e del 21% di quello di ictus, e il potenziale beneficio si vedrebbe scendendo al limite fino a livelli di 4,9 mmol/l.

Circa 2,2 milioni di decessi in più


La ricerca ha analizzato un'ampia serie di indagini e studi relativi a svariati paesi con riferimento prevalente alla glicemia a digiuno (FPG), anche se quella due ore dopo carico glicemico è ritenuta un migliore parametro predittivo di rischio cardiovascolare, e ha valutato la frazione attribuibile di popolazione (PAF) per coronaropatia ischemica e ictus cerebrale dovuta a valori non ottimali di glucosio nel sangue. Si è potuto, così, stabilire che nel mondo un decesso su cinque (21%) per cardiopatia ischemica e uno su otto (13%) per ictus sono ricollegabili a glicemia più alta dell'ideale, che vuol dire aggiungere alle 959.000 morti dirette per diabete 1.490.000 per cardiopatia e 709.000 per ictus. L'insieme di questi ulteriori decessi è per l'84% in paesi a basso o medio reddito; poco più di metà per i primi e quasi metà per i secondi riguardano il sesso maschile. Quanto alle PAF sono apparse abbastanza simili nei paesi ad alto reddito e in quelli a basso-medio; considerando altri importanti fattori di rischio, è rilevante che rispetto alle cardiopatia ischemica le PAF della glicemia inadeguata erano più alte di quelle del fumo ma molto più basse di quelle dell'ipercolesterolemia e dell'ipertensione, mentre per l'ictus erano maggiori che per il fumo, uguali che per il colesterolo ma minori che per l'ipertensione. L'eccesso di zucchero nel sangue rientra così tra i principali determinanti mondiali di mortalità.

Tra i primi fattori predisponenti


Tutto questo, come si riflette in un commento sullo stesso Lancet, implica che gli interventi di prevenzione dovrebbero mirare a uno spostamento generale della glicemia verso concentrazioni più basse, a livello di popolazione, non solo nelle fasce ad alto rischio. Il punto è come intervenire più efficacemente sui fattori che influenzano i livelli glicemici, almeno su quelli modificabili (perché anche la genetica avrebbe un ruolo), e questo nelle varie realtà. Di certo l'incremento dell'iperglicemia è in gran parte legato al diffondersi dell'obesità, a sua volta favorita da eccesso di calorie, grassi e zuccheri e riduzione dell'attività fisica. La correzione degli stili di vita resta la strategia più efficace per contenere il diabete, come hanno evidenziato diversi studi. E i programmi di prevenzione devono tener conto rispetto al rischio cardiovascolare della co-esposizione alla glicemia elevata e agli altri fattori predisponenti, come fumo, alcol, ipertensione, ipercolesterolemia, peso in eccesso, sedentarietà che risentono di elementi economici, culturali, sanitario-assistenziali (nei paesi ricchi, per esempio, il diabete ha una prevalenza doppia nei gruppi a livello socioeconomico più disagiato). Certo è che bisogna incidere sui comportamenti, favorendo un'alimentazione sana e una vita fisicamente attiva, e soprattutto sensibilizzando le generazioni più giovani.

Elettra Vecchia



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