Così piccola e fragile

20 giugno 2008
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Così piccola e fragile



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A dispetto del fatto che non si è nemmeno consapevoli di averla, la tiroide è una ghiandola d'importanza fondamentale, perciò quando si ammala gravemente occorre intervenire al più presto. Come molti altri organi anche la tiroide può andare incontro a infiammazioni, infezioni e tumori, ma per fortuna queste sono evenienze molto rare. Per la particolare azione degli ormoni tiroidei, quando la tiroide s'infiamma o subisce degenerazione cancerosa, la sua azione può risultare in parte compromessa, conseguentemente si potranno avere anche sintomi di ipo o iper tiroidismo.

Tiroiditi


Le tiroiditi sono i processi flogistici (infiammatori) che colpiscono la ghiandola: possono essere di varia natura e si distinguono in base ai sintomi e all'eziologia (causa).

La tiroidite acuta si manifesta con febbre, dolore allagola e aumento di volume della ghiandola. Il processo flogistico porta alla liberazione di ormoni tiroidei, quindi inizialmente si possono avere anche sintomi da ipertiroidismo. Può essere di origine batterica, dovuta a un'infezione (da piogeni, tubercolare) localizzata alla tiroide o generalizzata, oppure asettica quando è causata da traumi o da irradiazioni locali. La forma batterica si cura con antibiotici, quella asettica con corticosteroidi e ormoni tiroidei; guarisce completamente in 2-3 settimane.

La tiroidite subacuta (di De Quervain) è dovuta a infezione da virus Coxachie, Echo, o alla parotite epidemica. Il quadro clinico si caratterizza per febbre, dolore tiroideo che si accentua con la deglutizione, tumefazione della ghiandola, che alla palpazione si presenta con superficie irregolare. Spesso è secondaria a una infezione delle prime vie respiratorie (faringite, laringite), si cura con antinfiammatori non steroidei o steroidei, secondo la gravità del caso, ma può recidivare. Rientra in questa tipologia anche la tiroidite post-partum che si verifica qualche settimana o mese dopo il parto, ma senza che la ghiandola sia dolente.

La tiroidite di Hashimoto o linfocitaria cronica, è una patologia cronica su base autoimmunitaria. Spesso si osserva familiarità, talvolta anche con altre patologie autoimmuni: in pratica all'interno della famiglia vi possono essere altri casi di tiroidite di Hashimoto oppure casi di lupus eritematoso sistemico, anemie emolitiche, trombocitopenie, anemia perniciosa.
L'esordio della patologia è lento e insidioso, con gozzo di modesto volume, ma duro al tatto e con superficie liscia o micronodulare. In fase iniziale si possono riscontrare alcuni sintomi da ipertiroidismo, poi la malattia evolve con declinodell'attività funzionale. La ghiandola, infatti, va incontro a infiltrazione di cellule infiammatorie e degenerazione fibrosa. Il tessuto fibrosclerotico si sostituisce al tessuto parenchimale (quello normale) e l'ipotiroidismo diviene sempre più marcato. La diagnosi si avvale della ricerca degli anticorpi antimicrosomiali ed antitireoglobulina. La terapia si basa su farmaci immunosoppressori e ormoni tiroidei, per correggere il deficit graduale cui va incontro la ghiandola.

La tiroidite di Riedel è una malattia cronica molto rara, le cui cause sono sconosciute. È caratterizzata da un processo sclero-ialino che tramuta la tiroide in una ghiandola di consistenza lignea, povera di cellule e fibrosa. I sintomi da compressione sulle strutture adiacenti, esofago e trachea, fanno pensare a una neoplasia; si giunge alla diagnosi tramite esame istologico. I pazienti sviluppano lentamente un ipotiroidismo irreversibile, che va trattato con terapia sostitutiva.

Neoplasie tiroidee


I tumori della tiroide si distinguono in differenziati e non differenziati (anaplastici): i primi colpiscono un particolare tipo di cellule e sono quasi sempre curabili; i secondi, invece, invadono tutta la ghiandola e hanno prognosi meno favorevole.

Adenocarcinoma papillare: è il più frequente ma anche quello ad accrescimento più lento. Insorge in genere prima dei 40 anni, spesso in soggetti che avevano ricevuto irradiazioni del collo, della testa o del torace (terapie radianti o numerose radiografie). Clinicamente si presenta come un nodulo asintomatico, e all'esame scintigrafico il nodulo è freddo, cioè non capta iodio. Può metastatizzate ai linfonodi regionali.

Adenocarcinoma follicolare: insorge preferibilmente dopo i 40 anni e ha maggiore malignità del precedente. Appare come un nodulo duro, a volte dolente, oppure come una massa che interessa un intero lobo della tiroide. La sua natura cancerosa può passare inosservata perché mantiene la capacità di captare iodio (nodulo caldo) esattamente come il tessuto sano. Invia metastasi, tramite il torrente circolatorio, ai polmoni, alle ossa e al fegato.

Carcinoma midollare, o solido: è il cancro delle cellule C (parafollicolari) della tiroide, deputate alla secrezione di calcitonina. È raro e di origine ereditaria, spesso associato ad altri tumori endocrini, come il feocromocitoma bilaterale,l'adenoma paratiroideo o la ganglioneuromatosi diffusa. Il paziente presenta un nodulo duro e fisso, freddo alla scintigrafia, e una continua ipersecrezione di calcitonina. Questo tumore è particolarmente aggressivo perché metastatizza sia per via linfatica (coinvolgendo i linfonodi) sia per via ematica raggiungendo le ossa.

Adenocarcinoma anaplastico, o indifferenziato: origina, magari, da un nodulo silente che inizia ad accrescersi rapidamente infiltrando le strutture circostanti. È il tumore tiroideo dotato di maggior invasività e notevole malignità. Le cellule cancerose perdono qui qualsiasi connotazione originaria della ghiandola, non captano iodio e non secernono ormoni.

Adenoma tossico, o morbo di Plummer: è un tumore benigno, ossia un nodulo interno alla tiroide capace di una secrezione autonoma di ormoni. L'adenoma è tessuto tiroideo iperfunzionante, che sfugge al controllo inibitorio dell'ipotalamo e dell'ipofisi. In conseguenza di ciò il restante tessuto tiroideo è funzionalmente inibito, quindi il paziente è spesso asintomatico. Solo quando l'adenoma "autonomo" provoca un ipertiroidismo clinicamente evidente si parla di adenoma tossico. I sintomi predominanti, in questo caso, sono quelli che interessano il cuore, con tachiaritmie, aritmie e sofferenza miocardica. La diagnosi viene confermata mediante scintigrafia; la terapia consiste nell'asportazione chirurgica del nodulo e la guarigione, di solito, è completa.

Diagnosi

I noduli tiroidei sono molto frequenti ma, nella grande maggioranza dei casi, assolutamente benigni. Possono essere cisti, vescicole contenenti liquido, o formazioni solide dovute ad ispessimento del tessuto ghiandolare.
L'ecografia è in grado di distinguere tra cisti e noduli, la scintigrafia fornisce un primo orientamento circa la natura del nodulo, la risposta definitiva, però, può venire solo dall'esame istologico, che si effettua su una porzione di tessuto nodulare prelevata con la tecnica dell'agoaspirato.

Scintigrafia

Somministrando una piccola quantità di iodio radioattivo, questo viene assorbito dalla tiroide, che non lo riconosce diverso dallo iodio presente negli alimenti. Una macchina computerizzata (Scanner o Gamma camera) è capace di determinare la provenienza delle radiazioni, e disegnare una mappa della loro distribuzione. In pratica si genera un'immagine a colori dove si differenziano le zone nelle quali si è avuta maggiore captazione da quelle in cui la captazione è stata inferiore.
Oggi non si usa più lo Iodio 131, ma il Tecnezio 99m, una sostanza artificiale che viene captata dalla tiroide allo stesso modo dello iodio, ma che poi non entra nella produzione ormonale. Il tecnezio offre alcuni vantaggi, quali la minore quota di radiazioni rilasciate e una maggiore velocità di esecuzione dell'esame, perché viene iniettato endovena.
Con la scintigrafia un nodulo può essere definito "freddo", se non capta la sostanza radioattiva, o "caldo" se invece la capta.

Terapia

Il tumore viene asportato chirurgicamente, spesso per maggior sicurezza si asporta tutta la ghiandola. Successivamente il paziente dovrà intraprendere una cura sostitutiva che gli fornisca la giusta dose di ormoni tiroidei. Dopo l'intervento, e a intervalli regolari, si effettuano scintigrafie di controllo per escludere la presenza di metastasi o recidive. Eventuali residui di tessuto tiroideo vengono eliminati con terapia radiometabolica, che consiste nell'assunzione di iodio 131 in quantità tali da risultare tossico per le cellule che lo inglobano.

Elisa Lucchesini



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