E' presto per pensionare il Pap-test

18 gennaio 2006
Aggiornamenti e focus

E' presto per pensionare il Pap-test



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Da oltre trent'anni, il Pap-test è egregiamente al lavoro per la diagnosi precoce del cancro della cervice uterina. Il test, quindi, non è nuovissimo, e forse è anche poco tecnologico, coi tempi che corrono, ma ha fatto e fa egregiamente il suo lavoro, visto che la mortalità per questo tipo di tumore si è ridotta notevolmente, così come si sono ridotti i casi in cui è necessario procedere a interventi molto invasivi. In più, costando poco, si presta ottimamente allo screening di massa. Niente, però, è per sempre e, qualche anno fa, è stata introdotta una variante al test tradizionale, chiamata citologia in fase liquida. La differenza risiede nel fatto che lo spazzolino con cui si prelevano le cellule epiteliali dalla cervice uterina non serve direttamente a effettuare lo striscio sul vetrino, che poi verrà esaminato al microscopio, ma viene inserito in una fiala colma di un liquido. In questo modo si ottiene una sospensione di cellule con la quale si crea uno strato sottile (monocellulare) sul vetrino, a vantaggio della nitidezza della visione. Ulteriore vantaggio della nuova tecnica è che il liquido, con le cellule in sospensione, può essere utilizzato per la ricerca del DNA del papillomavirus (HPV).

Studi poco definitivi


Però, prima di sostituire un test così largamente impiegato come il Pap-test, è bene appurare che ne valga la pena, visti "i numeri" in gioco. Effettivamente sono stati condotti diversi studi per mettere a confronto tecnica tradizionale in fase liquida, valutando diversi aspetti, quali la sensibilità e la specificità del test, ma anche e soprattutto il numero di vetrini esaminabili fornito. Infatti, se una metodica riduce il numero di campioni inutilizzabili, ciò va a tutto vantaggio della paziente, che non deve ripetere il prelievo, e del servizio sanitario (che non deve spendere due volte). I primi studi parevano dare la palma alla nuova metodica, in quanto si riportava una quota di vetrini non utilizzabili pari all'1-2% rispetto all'8-9% del test tradizionale (questi sono i valori limite, altri studi segnavano differenze meno marcate). A questo punto, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna si provvide ad adottare il nuovo test. Oggi viene pubblicato uno studio che mette in questione questi risultati, e lo fa esaminando il tipo di studi che hanno confrontato le due metodiche. Infatti, non sempre si è trattato di studi metodologicamente corretti, tanto che gli autori hanno potuto agevolmente dividerli in qualità alta, media, e scarsa, sottolineando che nessuno rispettava le condizioni ideali. Ebbene, se si tiene presente la qualità del confronto, le differenze in termini di vetrini inutilizzabili tra le due tecniche si avvicinano allo zero, sono cioè equivalenti sotto questo aspetto.

Poco cambia anche in fatto di accuratezza


Quanto poi alla dichiarazione che il sistema in fase liquida permetta di identificare un maggior numero di lesioni gravi rispetto a quello tradizionale, risulta anch'esso indimostrabile dai dati finora accumulati. Insomma, non è che il nuovo sistema sia migliore, peggiore o equivalente (anche se forse una differenza netta sarebbe emersa più facilmente) è che semplicemente non si è in grado di dirlo. E' vero che se anche i due metodi fossero sostanzialmente uguali sul piano dei risultati, il fatto di poter procedere anche alla ricerca dell'HPV potrebbe essere un vantaggio, così come eventuali risparmi sul piano economico. Ma prima questa equivalenza va provata.Morale: se recandosi dal ginecologo, o all'ambulatorio dell'ASL o dell'Ospedale di riferimento, una donna si sente ancora proporre il Pap-test si tranquillizzi: non le stanno negando nulla. Anche se, magari, qualche rotocalco ha già annunciato l'andata in pensione del vecchio sistema...

Maurizio Imperiali



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