Embrione assistito in fase avanzata

14 aprile 2004
Aggiornamenti e focus

Embrione assistito in fase avanzata



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Al principio c'erano un ovulo e uno spermatozoo, oggi c'è molto di più soprattutto quando la coppia ha difficoltà a concepire e si rivolge alla medicina per risolvere il "problema". A quel punto entrano in gioco parecchie possibilità, non tutte approvate o permesse ovunque, ma non per questo meno efficaci, anzi. Le tecniche di fecondazione assistita in Italia sono regolate da una recente legge che ne esclude alcune in favore di altre, tuttavia la sperimentazione in molti paesi ha proseguito portando a nuovi risultati.
Una volta accertate le condizioni di salute riproduttiva della coppia, attraverso esami che interessano la situazione ormonale e le condizioni delle ovaie e dell'utero di lei, ed eventuali problemi di lui, è possibile intraprendere alcuni percorsi. Dopo l'inseminazione intrauterina, la fertilizzazione in vitro (FIV) e l'iniezione intracitoplasmatica di un singolo spermatozoo (ICSI), arriva anche il trasferimento dell'embrione allo stadio di blastocisti.

Il lungo cammino


Il nuovo metodo si basa sulla preparazione di uno o due embrioni in fase più avanzata rispetto alle precedenti tecniche. La fecondazione dell'ovulo si verifica generalmente subito dopo il suo rilascio dall'ovaio (ovulazione) nelle tube di Falloppio: la cellula che ne deriva, chiamata zigote, comincia a dividersi fino a formare un embrione pluricellulare. Quando le cellule arrivano a un numero di 12-16, l'embrione viene chiamato morula, dopo una settimana circa, il numero di cellule aumenta e si forma una cavità interna. In questo stadio l'embrione, che nel frattempo ha percorso la tuba, si impianta nell'utero e si chiama blastocisti.
Fino a poco tempo fa era piuttosto improbabile riuscire a far crescere gli embrioni in laboratorio fino a questa fase: i mezzi di coltura per nutrirli erano inadeguati e quindi molto spesso morivano prima di diventare blastocisti. Tuttavia, i ricercatori non solo hanno risolto il problema dei terreni di coltura, ma hanno anche dimostrato che il metodo di fecondazione assistita in cui ciò che si inserisce nell'utero è proprio una blastocisti, funziona.

Singola e doppia


Sono diversi gli studi che riportano i successi del trasferimento di blastocisti. L'ultimo è stato condotto con 48 donne, in centri privati americani specializzati nella fecondazione assistita, per verificare se il metodo era efficace e se provocava gravidanze gemellari. La sperimentazione è stata fatta con una e con due blastocisti. Nel primo caso il tasso e di impianto e di gravidanza era del 60,9% senza casi di gemelli. Con il doppio trasferimento il tasso di impianto era del 56%, le gravidanze si avviavano nel 76% dei casi ma l'incidenza di gemelli era del 47,4%. I risultati ottenuti depongono a favore del trasferimento della singola blastocisti come metodo valido e sicuro, sottolineando tuttavia la necessità di proseguire la sperimentazione.
Negli Stati Uniti la tecnica è già disponibile ed è possibile eseguirla. Nei centri specializzati viene suggerito di procedere con il trasferimento di non più di due blastocisti, proprio per evitare di aumentare il rischio di gravidanze gemellari.

Simona Zazzetta



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