Un cesareo tira l'altro

03 settembre 2004
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Un cesareo tira l'altro



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Si è registrato un incremento del numero di parti cesarei su cui alcuni esperti, associazioni e comitati etici si sono interrogati per capirne il motivo e le possibili conseguenze sulla salute della donna e del neonato.
Originariamente il taglio cesareo era stato introdotto nella pratica ostetrica per le partorienti che presentavano complicanze mediche, e comunque si preferiva di gran lunga procedere con un parto vaginale nelle donne che non avevano mai fatto il cesareo. Attualmente, invece, sono in aumento i casi in cui si opta per il taglio come scelta preferenziale, prima o durante il parto, anche quando non ci sono le indicazioni mediche per farlo: si parla di un'incidenza del 90%. Una cifra che contrasta con le raccomandazioni dell'organizzazione Mondiale della Sanità secondo cui il basso tasso di tale procedura (sotto il 15%) è un marcatore di buona qualità dell'assistenza ostetrica.

Rischi/benefici


Risulta che uno dei principali motivi per cui si sceglie il taglio cesareo è che in precedenti gravidanze sia stata applicata la stessa procedura. Per quanto le complicanze operatorie non siano correlate alla ripetitività dell'intervento, sono state descritte alcune conseguenza come anomalie nel processo di formazione della placenta o altre correlate. Inoltre, sono note anche quelle che possono verificarsi quando il taglio diventa la scelta preferenziale per motivi medici: trombosi venosa profonda, tromboembolismo polmonare, necessità di trasfusione, infezioni puerperali, emorragie post parto, rischio di sofferenza respiratoria del neonato.
Chiaramente esistono anche dei vantaggi da non sottovalutare, che spiegano l'incremento della frequenza, come l'assenza di dolore, un minor rischio di incontinenza fecale o urinaria che può verificarsi in seguito a un parto naturale e anche un minor rischio di morte fetale inspiegabile.
Per chiarire dove si sposta l'ago della bilancia nel rapporto tra rischi e benefici sono necessari ulteriori studi scientifici, perché se è vero che un secondo parto vaginale è quasi sempre esente da rischi se quello precedente non ha avuto complicanze, la stessa cosa non si può affermare per un taglio cesareo. Infatti, è stato dimostrato che il rischio di rottura o sanguinamento dell'utero, di placenta previa o accreta, infezioni e danni agli organi pelvici aumentano progressivamente nei cesarei successivi. Esistono parecchi studi che hanno evidenziato quali siano le percentuali di complicanze, ma poiché il rischio rimane piuttosto basso, spesso si è concluso che non esiste un limite definito al numero di tagli cesarei che una donna può affrontare.

Una questione etica


Ma se sul rapporto rischi-benefici esistono dati certi su cui discutere, il dibattito sul valore etico della richiesta di sottoporsi a un parto cesareo da parte della partoriente rimane irrisolto.
Per esempio, il 37% degli ostetrici danesi accorda alle donne il diritto di richiederlo e della stessa opinione è pure l'American College of Obstetricians and Gynecologists che sostiene il cesareo come scelta d'elezione per una gestazione normale. Di tutt'altro parere è il Comitato per gli Aspetti Etici della Riproduzione Umana e della Salute delle Donne della International Federation of Gynecology and Obstetrics, secondo il quale, se le motivazioni non sono mediche il cesareo non può essere eticamente giustificato.
Resta aperta però una questione: l'aumento della frequenza con cui il parto chirurgico viene scelto la prima volta, può determinare l'aumento dei casi in cui si continua a scegliere questo tipo di parto anche nelle gravidanze successive? Gli esperti suggeriscono che tre aspetti devono essere presi in considerazione: il confronto dei rischi e dei benefici tra parto cesareo e naturale, le differenze tra un cesareo programmato o eseguito in emergenza e la scelta di un cesareo quando la donna ne ha già eseguiti altri in passato. Chiaramente l'analisi deve essere realizzata tenendo presente il quadro clinico della partoriente: eventuali malattie, il numero di parti, la pratica ostetrica e le condizioni culturali e sociali della paziente. In ogni caso, in qualsiasi parto, un rischio c'è.

Simona Zazzetta



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