Cure migliori con la monopillola

25 gennaio 2006
Aggiornamenti e focus

Cure migliori con la monopillola



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La rivoluzione terapeutica è cominciata nel 1996. In quell’anno, infatti, è iniziata l’era della "highly active antiretroviral therapy" (HAART) con l’introduzione degli inibitori della proteasi e successivamente degli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa. A partire da quella data i casi di AIDS sono andati riducendosi significativamente, così come le infezioni opportunistiche e i decessi. E tutto grazie ai nuovi farmaci. Ma il problema non è stato debellato e i farmaci utilizzati possono provocare effetti collaterali inattesi. L’obiettivo, perciò, è diventato quello di una persistente inibizione della replicazione del virus con un regime terapeutico efficace, ma anche facilmente tollerabile per il paziente. L’impatto di un nuovo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, si annuncia, perciò, notevolissimo. Una pillola unica anti-HIV da somministrare una volta al dì per pazienti sieropositivi. Due gli obiettivi che diventerebbero raggiungibili in questo modo: una migliore adesione alla terapia e quindi un maggior controllo del virus e una migliore qualità di vita dei pazienti. Obiettivi possibili?

Verso una pillola unica


Sembrerebbe di sì. Anche se, come si è affrettato a spiegare l’immunologo Fernando Aiuti “non si tratta di nuove sostanze farmacologiche antivirali ma semplicemente della combinazione delle attuali due compresse, che sono entrambe già in commercio in Italia e fornite dal Sistema sanitario nazionale”. Ma che cosa dice lo studio? Come premesso, non si tratta di una nuova pillola ma della combinazione di tre principi attivi già esistenti, che oggi vengono assunti dai pazienti ciascuno con una pasticca. La medicina è rivolta ai sieropositivi che iniziano la terapia anti-HIV, quindi sarebbe una prima linea di trattamento. Per verificare l’efficacia della pillola unica, i ricercatori hanno condotto uno studio in aperto, di non inferiorità, coinvolgendo 517 pazienti con infezione da HIV che non avessero ricevuto precedentemente terapia antiretrovirale di alcun genere. Due i gruppi di pazienti considerati: il primo è stato sottoposto a un regime composto da tenofovir disoproxil fumarato (DF), emtricitabina ed efavirenz una volta al giorno, l’altro un regime a base di zidovudina e lamivudina a dosi fisse due volte al giorno, più efavirenz una volta al giorno. L’obiettivo, vedere alla 48esima settimana di studio quali fossero i livelli del virus nel sangue.
Ebbene, un numero significativamente superiore di pazienti del primo gruppo ha raggiunto e mantenuto l’end point di mantenere bassa la carica virale, inferiore cioè a 400 copie/ml. In più, gli effetti avversi sono stati superiori nel secondo gruppo. Come a dire che la pillola unica a 48 settimane non solo si è dimostrata non inferiore, ma anche superiore in termini di soppressione virologica, risposta CD4, ed eventi avversi responsabili di interruzione del trattamento. Un risultato sorprendente che ha generato comprensibile entusiasmo nelle aziende produttrici, Bristol-Myers Squibb e Gilead, che contano di mettere in vendita la nuova pillola entro la fine dell’anno negli Stati Uniti e in Europa, attraverso una inusuale sinergia, che però promette di guadagnarsi una fetta di mercato enorme. I benefici per le aziende saltano agli occhi, ma anche quelli per i pazienti non sono da sottovalutare in particolare per quel che riguarda la qualità della vita. L’auspicio, come sottolineato dallo stesso Aiuti, è che venga distribuita a prezzi ridotti. Del resto trattandosi di una pillola unica si dovrebbe risparmiare su confezionamento e distribuzione. O no?

Marco Malagutti



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