HIV, i diritti dei partner

06 dicembre 2007
Aggiornamenti e focus

HIV, i diritti dei partner



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Con l'edizione 2007 della Giornata mondiale dell'Aids si sono avute ulteriori conferme sulla virata della pandemia rispetto agli anni passati, sempre più legata alla trasmissione eterosessuale, che sorpassa quella omosessuale e da tossicodipendenza. E' sulle coppie e sui rapporti occasionali tra partner maschi e femmine che si deve incidere oggi di più con la prevenzione anti-contagi: l'obiettivo è salvaguardare soprattutto le seconde, che pagano sempre di più per diffusi comportamenti maschili, come rapporti multipli, frequentazione di prostitute o resistenze (a volte di matrice culturale) all'uso del preservativo. E sono le donne che se infette diventano involontario veicolo del danno alla prole, contagiata prima di nascere o orfana di madre in tenera età come avviene ormai solo nei paesi in via di sviluppo dove non c'è accesso alle cure. Visto con i nostri metri di giudizio occidentali c'è però anche il rischio di conflitto di diritti, come nel caso del test per l'HIV: tra quello individuale alla riservatezza, a rifiutare di sottoporsi all'esame, a rivelare l'esito per timore di conseguenze negative, e quello della controparte a proteggersi dall'infezione. Tema focalizzato da un commento su Lancet, nel quale si mette la questione della tutela dal contagio in termini di diritti umani e si sostiene la necessità d'implementare le linee guida dell'OMS e dell'UNAIDS sull'azione di counselling mirato in tal senso.

Educazione omnicomprensiva alla sessualità


L’istanza è che venga riconosciuto e garantito un principio: cioè che entrambe le persone coinvolte in una relazione sessuale hanno diritti e responsabilità uguali e reciproci, che valgono per ciascuno nella misura in cui sono rispettati per l’altro. Ci si richiama per esempio alla definizione della Quarta conferenza femminile mondiale delle Nazioni Unite del 1995, firmata da 189 paesi, a favore dell’uguaglianza nella relazione tra uomo e donna in materia di sessualità e riproduzione, comprensiva del pieno rispetto dell’integrità della persona, e che richiede mutuo rispetto, consenso e condivisione di responsabilità per i comportamenti sessuali e le loro conseguenze. Per assicurare questo la richiesta è di un maggior impegno dei sistemi sanitari e delle società, perché patrocinino attività di counselling e sensibilizzazione alla prevenzione e all’esecuzione dei test per l’HIV. La via che si propone non è quella coercitiva, come l’obbligo a svelare il risultato del test, ma un riorientamento strategico: nella sensibilizzazione si dovrebbe puntare sul fatto che è necessario sapere la propria condizione rispetto all’HIV e quella del partner, e sul dovere di rispettare il bisogno di sapere dell’altro e la sua libertà di decidere. Questo pensando in particolare alle donne, in genere più giovani del partner e a maggior rischio di contrarre l’HIV da uomini infetti. Bisognerebbe anche incoraggiare a rivelare il risultato dell’esame e a riconsiderare l’eventuale rifiuto, saper affrontare il discorso della possibile discriminazione, evitare invece di avere atteggiamenti giudicanti verso comportamenti come uso di droghe o relazioni extraconiugali. Sarebbe importante che i partner si sottoponessero al counselling insieme, scelta che laddove effettuata avrebbe consentito migliori risultati. La necessità di questo e del test andrebbe sostenuta come routine per tutte le nuove coppie, per esempio come componente della formazione prematrimoniale, ma anche per quelle omosessuali. Ma, su una scala più ampia, in tutti paesi bisognerebbe investire, è la conclusione, per un’educazione alla sessualità dei giovani che comprenda anche la prevenzione dall’AIDS, come dalle altre malattie sessualmente trasmesse, e sia improntata al rispetto e alle responsabilità reciproche dei partner. Un discorso che coinvolge in fondo anche altri aspetti, dalla procreazione responsabile alla prevenzione di sopraffazioni e violenze.

Elettra Vecchia



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