Malaria da non sottovalutare

30 maggio 2007
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Malaria da non sottovalutare



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Tre miliardi di persone circa vivono in aree a rischio malarico, oltre un milione i morti annuali. Sono tutte nel Sud del pianeta, ma in un mondo senza barriere il problema può colpire occasionalmente, fatte le debite proporzioni, chi si sposta per turismo, migrazioni o lavoro. Dalle punture della zanzara vettore del Plasmodio, si sa, ci si può proteggere con zanzariere, abiti coprenti, repellenti, insetticidi, farmaci per la chemioprofilassi: non tutti sono però abbastanza sensibilizzati rispetto al rischio malaria, alcuni pensano sia minimo o che al limite la malattia sia leggera e curabile senza problemi. Negli USA intanto c'è una media annuale di 1.200 casi d'importazione. L'errore di valutazione, soprattutto per quanto riguarda la chemioprofilassi, nasce da due ordini di fattori, focalizzati da una review su JAMA: idee sbagliate in proposito e controversie sui criteri di prevenzione. Gli autori hanno meticolosamente analizzato attraverso MEDLINE articoli, studi, bibliografie da svariate fonti scientifiche, pubblicati entro dicembre 2006.

Diverse variabili da considerare


Emerge in effetti un gap tra le raccomandazioni e la realtà della profilassi. Per i turisti in aree endemiche le convinzioni errate, intanto, possono derivare da informazioni fuorvianti da parte di compagni di viaggio, residenti locali, tour operator; così c'è chi sottovaluta la malattia sentendo di attacchi ripetuti risolti con farmaci da banco, chi ignora l'ampia diffusione di medicine contraffatte, chi confida in preparati erboristici od omeopatici che non hanno invece alcuna prova d'efficacia. Altri temono per esempio rischi dei repellenti, come nel caso di una molecola cinquantennale, la dietiltoluamide o DEET, dimostrata sicura anche nei bambini piccoli; oppure, a causa di consigli errati, non effettuano la chemioprofilassi o la interrompono in loco o al ritorno non la continuano per il tempo necessario. Andrebbe aggiunto che molti non s'interessano comunque, anche sull'onda della moda "last minute". Tutto questo si aggiunge a volte a informazioni insufficienti e disorientanti che possono derivare da controversie. Le linee guida per la chemioprofilassi prevederebbero di scegliere in base a caratteristiche del soggetto, destinazione, tipo di viaggio o attività svolta, durata della permanenza e farmaci disponibili. Per questi ultimi però ci sono a volte criteri d'uso nazionali contrastanti (come il proguanil con raccomandazioni e associazioni diverse tra Europa, Stati Uniti e Giappone), differenze emergono poi per la chemioprofilassi continua piuttosto che l'autotrattamento d'emergenza (SBET) in aree a basso rischio (come India e Thailandia), o per la protezione in zone con predominanza del Plasmodium vivax invece che falciparum (come il Messico) per il quale le profilassi in uso non prevengono le ricadute anche dopo mesi dovuti alla permanenza dei parassiti quiescenti (ipnozoiti) nel fegato. Sempre per i farmaci di prima linea, indicativo il caso meflochina, uno dei più efficaci e usati: a suo carico sono numerose le segnalazioni di effetti indesiderati anche pesanti, soprattutto neurologici, mentre negli studi controllati la loro incidenza non sembra superiore a quella delle altre chemioprofilassi.

Informarsi da fonti qualificate


Per migliorare l'aderenza a una corretta chemioprofilassi il consiglio è comunque di ricorrere a fonti cliniche o a quelle degli organismi sanitari internazionali. Importanti, nel counselling da parte del medico, non solo la valutazione del rischio nella zona di destinazione ma anche del profilo del viaggiatore, per esempio rispetto ai possibili effetti indesiderati dei farmaci o a controindicazioni, così come il dialogo aperto che elimini eventuali ansie e timori. Altrettanto accurate dovrebbero essere istruzioni sulle misure preventive comportamentali, su sintomi sospetti di malaria (come febbre, debolezza, cefalea, vomito, dolori addominali) che possono insorgere una settimana dopo l'esposizione ma anche settimane e mesi dopo, sulla necessità di farsi visitare il più presto possibile (anche se la febbre non è costante) e sottoporsi ad analisi cliniche.

Elettra Vecchia



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