Quattro brutti ceppi

08 giugno 2007
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Quattro brutti ceppi



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Il tratto genitale femminile è rivestito da un epitelio squamoso che si estende dalla vulva alla cervice uterina spesso colpito da infezione da papillomavirus (HPV). Un'infezione che non si ferma alla sua natura iniziale ma può progredire, trasformare il tessuto colpito e dare originie a una lesione precancerosa fino alla neoplasia, ma tutto ciò dipende dal ceppo virale che la provoca, a basso o alto rischio carcinogenico, e dal sito di infezione. La zona più vicina alla cervice, tipicamente rivestita da un epitelio squamocolonnare è particolarmente suscettibile alle patologie associate all'HPV, tuttavia, anche se con frequenza minore, i tumori possono svilupparsi anche nella regione anale, vulvare e vaginale.

Approvazione e aspettative


Alla luce dei dati epidemiologici delle infezioni e delle evoluzioni maligne, l'allestimento di un vaccino per prevenire l'infezione da HPV è stato salutato con benevolenza dalle autorità sanitarie. E quando gli studi di fase III sulla profilassi erano in fase di pianificazione la Food and Drug Administration ha fatto esplicita raccomandazione che i dati fossero ineccepibili nel dimostrare l'efficacia nella prevenzioni di neoplasie cervicali intraepiteliali di grado 2 e 3, quindi moderato e grave. Una prospettiva caldeggiata per altro anche dall'Organizzazione mondiale della sanità. Con questo obiettivo specifico sono stati allestiti due studi, FUTURE I e II, progettati gestiti e analizzati da Merck, azienda che detiene il brevetto del vaccino, insieme a ricercatori universitari e a un board esterno che ha monitorato i dati e la sicurezza.

I tipi temibili


Il vaccino testato è quadrivalente, vale a dire allestito per immunizzare contro quattro ceppi genotipici di HPV: 6, 11, 16, 18. Ceppi, ovviamente, non scelti a caso in quanto le maggior parte delle patologie associate all'infezione sono provocate da questi ceppi.
HPV-6 e HPV-11 sono responsabili della maggior parte dei condilomi anogenitali, di una piccola porzione di neoplasie di basso grado e di una ricorrente papillomatosi respiratoria, rara ma potenzialmente fatale. HPV-16 è la causa più comune di tumori invasivi della cervice e di altri tumori anogenitali associati al virus, l'HPV-18 è la seconda causa più comune degli stessi e riscontrato più frequentemente negli adenocarcinomi. Quest'ultimi per altro, difficili da diagnosticare mediante Pap-test nelle fasi iniziali, in forma ancora non manifestamente neoplastica.
Il vaccino è stato elaborato grazie a una tecnica che sfrutta il DNA ricombinante per ottenere la sintesi solo parti del virus altamente immunogeniche chiamate virus-like particles.

Prove di efficacia

Dai due studi sono stati estrapolati dati di efficacia positivi. Nel FUTURE I, i riferimenti di efficacia dovevano essere riscontrati in base a due endpoint compositi. Da una parte andava valutata l'incidenza di condilomi genitali, di neoplasie intraepiteliali vulvari o vaginali, o di tumori; dall'altra l'incidenza di neoplasie intraepiteliali cervicali, adenocarcinoma in situ, o tumori associati a HPV-6, -11, -16, -18. Per entrambi gli endpoint, dopo un monitoraggio di tre anni l'efficacia era del 100%.
Nel FUTURE II, l'attenzione si è spostata soprattutto sulle patologie maligne, rivolta in particolare al tumore cervicale e alle sue forme precancerose, CIN (neoplasie cervicali intraepiteliali) di grado 2 e 3, e al carcinoma in situ. Il monitoraggio di tre anni ha verificato un'efficacia del 98% sull'endpoint composito. Fin qui tutto bene, anche sul profilo di sicurezza che oltre a piccoli effetti avversi tra cui un fastidio nel punto di inoculo, al punto che con il plauso ufficiale dell'FDA e dell'Agenzia europea del farmaco (EMEA) il vaccino quadrivalente è stato approvato da entrambi i lati dell'oceano in attesa di essere recepito. Con la stessa tecnica è stato preparato anche un vaccino bivalente, contenente solo gli antigeni dei ceppi 16 e 18, brevettato da GLaxoSmithKline, approvato per ora in Australia.

Criticità irrisolte

Assodata l'efficacia restano aperte alcune domande. Per esempio, quanto tempo persiste una protezione adeguata dopo la vaccinazione e quale sia l'età ideale per eseguirla. In molti raccomandano una certa precocità, quindi già a 9-11 anni, altri studi indicano di attendere i 25-26 anni, picco massimo di infettività che potrebbe dare evidenze di un'immunità attiva rendendo superflua quella indotta. Infine, non è ancora chiaro se il vaccino è proponibile anche agli uomini e se ci sono altri tipi di virus che provocano la neoplasia cervicale. L'ultima perplessità che resta a molti esperti è il prezzo: le tre dosi di immunizzazione costano 360 dollari, un bell'ostacolo da superare per sperare in una diffusione ampia che si estenda anche ai paesi in via di sviluppo. Aspetto lasciato nelle mani delle politiche sanitarie e delle aziende farmaceutiche.

Simona Zazzetta



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