Antibiotici ingiustificati

24 ottobre 2007
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Antibiotici ingiustificati



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Come affermano le linee guida per gli antibiotici non c'è indicazione all'uso di routine contro infezioni delle alte vie respiratorie, otite media, mal di gola, bronchite acuta, mentre c'è per la polmonite. Nella medicina di famiglia queste restano però tra le principali forme per le quali li si prescrive: per esempio in Gran Bretagna, nonostante una riduzione, li ha ricevuti nel 2000 ancora il 67% degli assistiti con infezioni respiratorie, l'80% con infezioni otologiche, il 60% con mal di gola, e andamenti analoghi ci sono altrove, Italia compresa. In parte questo avviene per le aspettative dei malati, ma dal punto di vista del medico c'è il timore di complicanze severe e polmonite, da bilanciare con l'eventualità di eseguire trattamenti non necessari che favoriscono anche lo sviluppo di resistenze batteriche, con relativo circolo vizioso. Se razionalizzare l'uso degli antibiotici permette di ridurre le resistenze, alcuni studi suggerivano che ridurre le prescrizioni in medicina generale potesse aumentare le complicanze, senza distinguere però l'effetto riguardo alle infezioni respiratorie minori, quelle più comuni, e in relazione a complicanze che essendo rare sono difficilmente valutabili dai trial e dalle metanalisi. Ora una vasta ricerca retrospettiva evidenzia proprio nell'ambito della medicina di famiglia, in una realtà rappresentativa della popolazione generale, che l'uso degli antibiotici in questi casi non è giustificato per ridurre il rischio di gravi complicanze e invece lo è contro quello di polmonite, soprattutto in soggetti anziani.

Uno prevenuto 4000 trattati


Grazie ai dati raccolti da 162 medici generalisti britannici nell'arco di dieci anni si è infatti potuto appurare quale fosse, in relazione alla prescrizione di antibatterici o a una vigile attesa, il rischio di sviluppi severi costituiti in particolare dalla mastoidite rispetto all'otite media, dall'ascesso peritonsillare rispetto al mal di gola, dalla polmonite riguardo alla bronchite e infezioni respiratorie alte. Su un totale di 3,3 milioni di episodi infettivi delle vie aeree-otorinolaringoiatriche, nel mese successivo alla diagnosi il tasso di complicanze nei non trattati con antibiotici è risultato basso, particolarmente per quelle delle infezioni delle alte vie respiratorie (11 su 10mila pazienti), del mal di gola (14 su 10mila) e dell'otite (5 su 10 mila); il numero di pazienti che si è dovuto trattare per prevenire una di queste conseguenze infettiva severa è stato alto, pari cioè a 4.000. La somministrazione degli antibatterici si è associata a una piccola riduzione in numero assoluto delle complicanze severe citate; altre come la febbre reumatica acuta e la glomerulonefrite acuta erano così infrequenti da non consentire di valutare l'effetto. Diversa la situazione riguardo alla complicanza polmonite: infatti in questo caso il tasso era più elevato ed è risultato significativamente diminuito dalla terapia antibiotica (da 244 su 10mila pazienti a 66 su 10mila, cioè dal 4% dei non trattati all'1,5%), senza differenze apprezzabili rispetto a soggetti fumatori o con malattie respiratorie o cardiache croniche. L'effetto protettivo è apparso più marcato negli individui dai 65 anni in su: per prevenire un caso si sono infatti dovuti trattare 39 ultra 65enni, contro 119 individui più giovani, numeri quindi molto più modesti che per le altre complicanze, in particolare per gli anziani.

Si profila la temibile HCAP


La ricerca fornisce quindi conferme dalla pratica clinica quotidiana sulla non necessità di trattare con gli antibiotici le infezioni respiratorie-Orl più comuni in medicina generale. Al tempo stesso la prescrizione dopo infezioni respiratorie toraciche è giustificabile per la possibilità di polmonite, specie negli anziani, con la considerazione della difficoltà di distinguere tra bronchite acuta e polmonite in stadio precoce in individui altrimenti sani e non anziani con presenza di tosse, per cui sono comunque opportuni accertamenti clinici. La polmonite non va infatti sottovalutata, resta un evento frequente e con un tasso di mortalità elevato nell'ambito delle patologie infettive, che per quella acquisita in comunità (detta CAP) arriva al 5-7%. Del tutto recentemente si è anche codificata una forma siglata HCAP (Health Care Associated Pneumonite) più grave e legata a malati con accesso frequente agli ospedali, in particolare nefropatici che si sottopongono a dialisi, soggetti in terapia infusionale, pazienti con recenti ricoveri nosocomiali: in questo caso la mortalità arriva al 16,7%. La presenza della HCAP in queste categorie a rischio è stata individuata per l'Italia da una ricerca della Società italiana di medicina interna (SIMI), appena pubblicata sugli Archives of Internal Medicine, condotta in 59 centri.

Elettra Vecchia



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