Di che è capace il cervello

22 novembre 2002
Aggiornamenti e focus

Di che è capace il cervello



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Hanno partecipato molti neuroscienziati, provenienti da gruppi di ricerca internazionali, alla conferenza stampa organizzata il 28 novembre 2001 dalla fondazione Armenise-Harvard.
Tema al centro dell'attenzione: il cervello e il suo funzionamento, argomento che da sempre affascina e incuriosisce non solo il mondo accademico. Molte le scoperte recenti ma ancora poco quello che si conosce sulla mente umana e le sue malattie; tuttavia è emerso un orientamento nuovo nelle ricerche neuroscientifiche.

Il cervello cambia, cresce e invecchia esattamente come tutto l'organismo, questo si sapeva. Non si sa però come e anche per questo ora cambia anche il modo in cui gli scienziati studiano il cervello.
Prima tutto era focalizzato sul neurone, la cellula che trasmette il segnale nervoso, e sulle sostanze chimiche (i neurotrasmettitori) che esso rilascia per inviare un comando; questo particolare modo di mandare messaggi rendeva il neurone una cellula diversa da tutte le altre. Studiando sempre più in dettaglio i meccanismi della neurotrasmissione sì è invece scoperto che il neurone non è proprio una mosca bianca: infatti altre cellule rilasciano ormoni, enzimi, mediatori chimici in maniera molto simile. Ecco allora che, per analogia, si possono fare ipotesi sui neuroni studiando altre cellule, fattore di enorme importanza per i ricercatori perché le cellule nervose sono particolarmente difficili da coltivare in vitro.
Il neurone mantiene comunque il primato nella trasmissione dei segnali: il rilascio dei neurotrasmettitori ha un'efficienza spazio-temporale ineguagliabile, essendo molto veloce e perfettamente localizzato in specifiche zone attive della membrana. I neurotrasmettitori però, seppur ben conosciuti, non riescono a spiegare molte delle funzioni cerebrali, come la memoria e l'apprendimento, né patologie come la schizofrenia o la demenza di Alzheimer.

Ecco allora che l'attenzione si sposta su una struttura ancora più piccola della cellula, la sinapsi, ovvero il bottoncino o spina che collega un neurone a molti altri neuroni. La sinapsi è l'interruttore, l'area fisica che libera il neurotrasmettitore ma non solo; può assumere forme diverse, può variare il modo in cui si aggancia a un certo neurone e decidere di prendere contatto con altri neuroni.
A questa duttilità delle sinapsi si deve la rappresentazione del cervello come una struttura plastica, che si modifica nel corso degli anni, ed è proprio questo l'aspetto che ora gli scienziati stanno indagando da vicino. A nuove sinapsi si deve, per esempio, la memoria cognitiva, il ricordo di ciò che si è imparato dal punto di vista intellettuale. La memoria è solo un esempio e rimane comunque un processo complesso e multiforme, regolato sicuramente da più fattori. Resta il fatto che fino alla pubertà la capacità di apprendimento è massima, poi la performance inizia a diminuire: un bambino impara una lingua straniera molto in fretta e senza inflessioni particolari, un adulto impiegherà più tempo e manterrà sempre un certo accento da straniero. Questo implica che il potenziale plastico delle sinapsi è molto elevato fino all'adolescenza, poi inizia lentamente una sorta di "irrigidimento" progressivo.

Questa plasticità oggi si può vedere e misurare nell'animale vivo, grazie a una tecnica sofisticata (la microscopia a doppio fotone) che fornisce immagini ad alta risoluzione senza danneggiare i tessuti. È un progresso importantissimo: seguire dal vivo le variazioni morfologiche (della forma) delle sinapsi è il primo passo per scoprire quali sono gli stimoli, le esperienze, gli eventi che inducono certi rimodellamenti. Quali sono le conseguenze?
Conoscere sempre di più come funziona il cervello, a quale morfologia corrisponde un pensiero oppure un'azione, se queste modificazioni sono definitive, temporanee, suscettibili di ulteriori modifiche.
Nasce anche una speranza: forse quelle malattie psichiatriche, come schizofrenia e depressione, nelle quali non esiste un danno neurologico visibile sono dovute a un anomalo funzionamento di certe sinapsi. Se fosse così si aprirebbe la strada alla ricerca di cure capaci di ripristinare la funzionalità persa e di migliorare anche quella di soggetti affetti da demenza o Parkinson.
Per ora si sa che le neurotrofine, i fattori di crescita come l'NGF (Nerve Growth Factor) scoperto da Rita Levi Montalcini, intervengono in qualche modo nel modellarsi delle sinapsi e, di sicuro, ogni attività, pensiero, esperienza, emozione lascia una traccia, almeno temporanea, nelle spine sinaptiche.

Per concludere la definizione di un giovane relatore: il cervello non è una macchina ma un'architettura vivente che mira a costruirsi perfetta, attraverso continui errori corregge il progetto, accettando ogni volta il rischio di crollare. Come ribadire che l'esperienza è una grande maestra e, dal punto di vista dei neuroni, un'esperienza non fatta è un'occasione mancata, una sinapsi che non cresce e non sapremo mai cosa sarebbe stata in grado di fare.
Volete sapere di cosa è capace il cervello? Usatelo, è il metodo migliore.

Elisa Lucchesini

I relatori


Jacopo Meldolesi, Tobias Bonhoeffer,  Erin Schuman,  Flavia Valtorta, Morgan Sheng, Joshua R. Sanes, Pietro De Cavilli, Carla Shatz



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