Ru486, le cose da sapere

09 aprile 2010
Interviste

Ru486, le cose da sapere



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di Simona Zazzetta

Nel luglio 2009, con quattro voti favorevoli su cinque, l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato l'introduzione del mifepristone, farmaco noto con il suo codice sperimentale, Ru486, negli ospedali italiani. Nel 2005 è stata avviata la sperimentazione in Piemonte e in Toscana, e poi in altre Regioni italiane. Nel 2006 l'Organizzazione mondiale della sanità ha inserito il mifepristone nella lista dei farmaci essenziali alla salute riproduttiva e nel giugno 2007 l'Ente europeo per il controllo sui farmaci (Emea) ne ha approvato l'uso e ne ha ribadito la sicurezza. Dal 1° aprile 2010 il farmaco è disponibile negli ospedali italiani. Per saperne di più, Dica33 ha intervistato Carlo Flamigni, ginecologo e membro del Comitato nazionale per la bioetica.

Come funziona il farmaco e in che modo determina l'interruzione di gravidanza?
La gravidanza è protetta da un ormone, il progesterone, che viene prodotto dall'ovaio e consente il proseguimento della gestazione. Il mifepristone (Ru486) inibisce l'attività del progesterone fermando l'evoluzione della gravidanza e lo sviluppo dell'embrione. Ma serve anche l'aggiunta di prostaglandine, ormoni prodotti normalmente dall'organismo, che promuovono le contrazioni dell'utero facilitando l'espulsione dell'embrione. Con questa azione duplice, adottata nei primi 49 giorni della gestazione, si ottiene la sua espulsione completa nel 97-98% dei casi. Esiste una percentuale molto bassa, 2-3% in cui la gravidanza non si interrompe ed è necessario ricorrere al raschiamento.

Come si procede alla somministrazione del farmaco e qual è il protocollo ospedaliero in vigore dal 1 aprile?
Secondo il protocollo, la donna si rivolge all'ospedale e fa la richiesta di interruzione di gravidanza farmacologica, firma il consenso informato e riceve la somministrazione del primo farmaco (mifepristone): nel 50% dei casi l'interruzione della gravidanza avviene già nelle prime 3-6 ore. È previsto un ricovero di tre giorni, ma la donna può firmare per la sua dimissione e lasciare l'ospedale. Dovrà, comunque, tornarci dopo tre giorni per assumere il secondo farmaco, la prostaglandina.

Il ricovero ordinario, previsto dalle indicazioni del Consiglio superiore di sanità, è davvero necessario?
Ci sono evidenze che dimostrano che il ricovero non è necessario. Secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità e della Food and drug administration è sufficiente il regime di day-hospital, e anche nella legge 194, il ricovero per l'interruzione chirurgica viene considerato un'eventualità, non un obbligo: d'altronde è indicata la possibilità di rivolgersi ai poliambulatori, dove non è possibile ricoverare i pazienti. Per altro, semmai dovessero sopraggiungere complicanze, queste si verificano dopo l'espulsione, quando, secondo le linee guida, la paziente è invece già stata dimessa. Inoltre, non va dimenticato che le donne, firmando la cartella clinica, per rifiutare il ricovero (diritto garantito dalla nostra Costituzione), sollevano l'ospedale e i medici da tutte le responsabilità e restano così effettivamente da sole

Considerate le polemiche di settimana scorsa, non c'è il rischio di un trattamento differente a seconda delle regioni?
Esiste il rischio di un'eterogeneità tra regione e regione che, per esempio, potrebbe provocare spostamenti di pazienti verso strutture sanitarie che offrono il day hospital anziché il ricovero. Ma è anche vero che c'è un limite costituzionale forte per tutti i legislatori di intervenire sulle modalità di cura, sulla libertà del medico e sul rapporto tra il medico e il paziente. Inoltre, si parla di un trattamento che appartiene alla categoria dei livelli essenziali di assistenza, che non prevedono l'intervento del ministero nella modalità con cui devono essere erogate. Saranno le Regioni a elaborare le linee guida e a decidere i comportamenti da adottare

Come funziona nel resto d'Europa?
A parte poche eccezioni l'interruzione di gravidanza farmacologica è già in uso, Francia e Inghilterra lo adottano fino a nove settimane, nel 49% dei casi, in Scozia e in Svezia fino al 60%. Non è previsto ricovero ma solo uno stato di osservazione in day-hospital

Che cosa accade alla paziente che ha assunto il farmaco e quali sono i rischi per la salute della donna?
L'assunzione dei due farmaci provoca dolori molto simili a quelli mestruali, causati dalla contrazione dell'utero, come per altro avviene durante la mestruazione. Possono verificarsi disturbi allo stomaco, diarrea e sanguinamento che può durare a lungo, come nel caso di un aborto spontaneo. Solo in un caso su mille serve una trasfusione. La lunga durata dell'emorragia e una gestione complessiva dell'aborto più lunga sono un aspetto negativo, ma l'esperienza dimostra che le donne prediligono la soluzione chimica a quella chirurgica che prevede un'anestesia per gestire il dolore dell'intervento.



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