Tumori, perché e come parlarne

21 marzo 2008
Aggiornamenti e focus

Tumori, perché e come parlarne



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In occasione della recente Settimana nazionale per la prevenzione oncologica promossa dall'Associazione italiana per la lotta ai tumori (Lilt) e del Rapporto dell'Associazione italiana registri tumori (Airtum) sono stati realizzati aggiornamenti riguardo all'epidemiologia. Ma oltre ai numeri un altro tema all'ordine del giorno e quello della comunicazione tra oncologo e paziente. Il tema è stato scelto da un convegno degli Istituti Fisioterapici Ospitalieri Regina Elena di Roma: un incontro che puntava a essere uno stimolo verso l'effettiva realizzazione di un atteggiamento di empatia del medico nei confronti del malato, con il giusto equilibrio tra distacco emotivo e comprensione della persona che soffre, delle sue paure ed esigenze. Un'esigenza, questa, che risulta molto sentita proprio dai medici, e che ispira diverse iniziative dei centri oncologici.

Le parole del cancro


Indicativo un progetto pilota presentato, relativo a un centinaio di donne con tumore del seno in cura in tre istituti (IFO Regina Elena, INT di Milano, Policlinico universitario di Modena), che hanno risposto a un questionario su "parole del cancro", modalità di visita e rapporto con l'oncologo, impatto delle terapie sulla propria vita, preparazione del medico. In sintesi le donne sono apparse generalmente soddisfatte del rapporto con il loro curante ma a sorpresa, come ha sottolineato il direttore dell'oncologia medica A del Regina Elena Francesco Cognetti, sono stati gli specialisti a considerare poco adeguata, per il 60%, o inadeguata, per un altro 10%, la formazione rispetto al rapporto empatico e alla comunicazione con i pazienti. Problemi sono risultati anche la mancanza di tempo, l'interposizione dei parenti, il disagio di fronte alla paura dei malati, mentre viene riconosciuta l'importanza della buona comunicazione per migliorare sia la compliance del paziente che la soddisfazione del medico. Ricaduta del progetto è stata la realizzazione di due guide alla comunicazione per i rispettivi destinatari. E ci sono altre iniziative, come il gruppo di lavoro CARE (Comunicazione Accoglienza Rispetto Empatia) composto da medici, volontari e operatori di varie strutture italiane per stilare un manuale, o il progetto di supporto professionale Accompagnarsi nelle Storie di Malattia Oncologica per ora limitato all'Istituto tumori di Milano.

La prevenzione paga


Parlare di tumori alla popolazione in generale significa poi parlare di prevenzione, primaria sui fattori di rischio evitabili e secondaria con screening e diagnosi. Sono i numeri a indicarne la necessità. Come affermato dal presidente della Lilt Francesco Schittulli presentando la Settimana nazionale di prevenzione oncologica, dei circa 150 mila morti/anno per cancro in Italia forse metà potrebbero salvarsi se si responsabilizzassero di più sulla propria salute. I nuovi casi quotidiani sono oltre 700 (260 mila all'anno) e 200 i malati che muoiono: il tasso medio di guaribilità è del 54% ma potrebbe arrivare all'80% seguendo stili di vita salubri e sottoponendosi a controlli. La guaribilità comunque è piuttosto eterogenea, intorno all'87% per il tumore del seno, all'85% per linfomi, cancro della cervice e melanoma, al 56-60% per il ca colo-rettale, al 26% per il tumore ovarico e al 20% per quello del polmone: tutto dipende, però, dalla precocità o tardività della diagnosi. In particolare poi per il sesso femminile, il Rapporto annuale diffuso dall'Airtum per la Festa della donna riferisce un aumento di casi, ma una diminuzione di mortalità: 120 mila all'anno le nuove diagnosi, una donna su quattro ha la probabilità teorica di ammalarsi di tumore (30% dei casi a 45-64 anni e 60% sopra i 65), con quello della mammella in testa seguito da colon-retto, polmone, stomaco e collo dell'utero. La mortalità è però scesa da 140 decessi annui su 100 mila donne negli anni Settanta a circa 125, a fronte di una progressiva perdita del tradizionale vantaggio del Meridione. Il 60% delle pazienti alle quali è stato diagnosticato un tumore tra il 1995 e il 1999 ha oggi una sopravvivenza superiore a cinque anni, molto di più che per gli uomini, non solo per differenti prevalenze e prognosi delle neoplasie diagnosticate, ma anche per il diverso stadio al momento della diagnosi. Un'ennesima dimostrazione che la prevenzione paga.

Elettra Vecchia



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