Indigeribili ma utili

01 aprile 2005
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Sulle fibre alimentari c'è una battuta un tempo molto ripetuta: che per quanto riguarda l'apporto nutrizionale, tanto varrebbe mangiare un fazzoletto di carta. Questo è da una parte vero, dall'altra molto riduttivo, sia perché non esiste un solo tipo di fibra alimentare sia perché il valore di un alimento va al di là del suo apporto calorico o plastico. In ogni caso, le fibre alimentari sono componenti dei vegetali, prevalentemente costituite da cellulosa o emicellulosa, quindi non digeribili dall'uomo, che vengono suddivise in due grandi gruppi: idrosolubili e non idrosolubili come, appunto, la cellulosa. Le fibre, però, nella dieta occidentale sono sempre meno presenti, in quanto scartate durante la fase di trattamento o preparazione degli alimenti. Il caso più evidente è la crusca dei cereali, che nella farina bianca è assente.

Accelerare il transito


Le prime importanti osservazioni sulle fibre spettano al medico britannico, e attuale membro del British Research Council, Denis Burkitt, che avendo operato a lungo nel cosiddetto Terzo Mondo ebbe modo di notare come i disturbi gastrointestinali fossero molto meno frequenti lì che in Occidente: dalla stipsi al carcinoma del colon. Burkitt stabilì anche un meccanismo d'azione: aumento della massa fecale, diluizione del suo contenuto e accelerazione del transito attraverso l'intestino. Posto che nel lume interstiziale siano presenti inevitabilmente sostanze di scarto tossiche e/o potenzialmente cancerogene, accelerarne l'espulsione contribuisce a prevenire gli eventi maligni. In effetti studi più recenti hanno mostrato che l'azione delle fibre segue anche altri percorsi e che oltre alla classica cellulosa della crusca hanno un ruolo fondamentale le fibre idrosolubili, come la pectina, l'insulina e in genere quelle che appartengono al gruppo dei frutto-oligosaccaridi o FOS. Queste fibre fermentano nell'ambiente intestinale e questo processo conduce, per esempio, all'acidificazione dell'ambiente intestinale. Ma la fermentazione delle fibre idrosolubili dà origine anche ai cosiddetti acidi grassi a catena corta SCFA, come il butirato, che in vitro ha dimostrato di riuscire a favorire l'apoptosi (morte) e la differenziazione dell'enterocita (le cellule dell'intestino) impedendo l'evoluzione, il tumore. Altre esperienze hanno rivelato come gli SCFA siano in grado di inibire la crescita cellulare, attraverso l'azione su una sostanza chiamata cdk..

Qualche istruzione per l'uso


In sostanza gli effetti sull'apparato gastrointestinale non sono più in discussione, casomai si tratta di stabilire in dettaglio i meccanismi più fini. Ci sono però anche altri a spetti da considerare, per esempio l'apporto di vitamine. In alcuni alimenti di origine vegetale, come il grano, le vitamine sono veicolate soprattutto dalla parte fibrosa, e lo stesso vale per il riso. Anzi fu proprio l'uso massiccio di riso brillato, cioè privato delle fibre indigeribili, a provocare nei secoli scorsi la grande diffusione di una malattia, il beriberi, dovuto alla carenza di vitamina B1 o tiamina.
Tutte le fibre indistintamente, poi, hanno il grande vantaggio di generare senso di sazietà senza per questo aumentare le calorie. E se si tiene presente quanti disturbi, cardiovascolari, endocrini e altri, sono dovuti all'eccesso calorico e all'obesità che ne consegue il vantaggio è evidente.
Quindi assumere fibre è importante meglio, sostengono le ricerche più recenti, se provengono da alimenti integrali e non da alimenti integrati a posteriori con la semplice aggiunta, per esempio, di crusca, e questo per preservare l'apporto di micronutrienti legati alle fibre. Ci può essere qualche inconveniente: chi non è abituato a una dieta di questo genere deve introdurre le fibre gradualmente, soprattutto se fa ricorso agli integratori più che ad alimenti naturalmente ricchi. Infatti nei primi tempi la fermentazione che deriva dall'assunzione soprattutto delle fibre idrosolubili può causare qualche disagio, che di norma rientra anche grazie al fatto che aumenta la flora intestinale in grado di "trattare" questi processi fermentativi in modo da ridurre gli effetti indesiderati.

Davide Minzoni



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