Di Bella

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Di Bella



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Per la verità mette un po' di disagio tornare a parlare della terapia Di Bella, almeno se si vuole restare nella divulgazione scientifica. Ormai è un po' come certi foglietti di appunti talmente pasticciati che è difficile trovare l'unica cosa che conta.
Ma d'altra parte è tornata d'attualità. Perché la Regione Lazio ha deciso di effettuare una nuova sperimentazione. Il che è legittimo, ma è una decisione politica, non scientifica. In Svizzera, dove la sanità è federale da sempre, esiste un cantone, l'Appenzel, dove ancora negli anni novanta le casse malattia rimborsavano anche il costo del pranoterapeuta. E' una decisione politica, basata correttamente sulle preferenze degli abitanti.

Come è nato il caso


Sui giornali (non quelli scientifici), nelle aule (di tribunale, non universitarie) e ovviamente in TV. Il professor Luigi Di Bella, in breve, sosteneva di avere curato ma non in ospedale, e comunque non in regime di ricovero, molti malati di cancro con risultati migliori della chemioterapia tradizionale. Al centro di questo cocktail farmacologico c'era la somatostatina o il suo analogo sintetico octreotide. In breve, anche a causa delle difficoltà che incontravano i pazienti di Di Bella a reperire i farmaci prescritti, crebbe una notevole protesta. Intervennero magistrati (l'ormai dimenticato pretore Madaro), si formarono comitati e ci furono anche manifestazioni di piazza, per ottenere che questa terapia venisse erogata a carico del Servizio Sanitario Nazionale (dalla mutua, per intendersi). La Commissione Unica del Farmaco chiese allora che Di Bella presentasse studi sulla sua terapia, ricerche pubblicate. Non ce n'erano, e quanto alle cartelle cliniche non furono consegnate (c'erano, non c'erano?). Senza prove di questo genere, non si può mettere a carico del SSN niente, nemmeno il più banale farmaco per il mal di denti prodotto dalla maggiore multinazionale. Su pressione dell'opinione pubblica, e giustamente, si decise alla fine di condurre una sperimentazione controllata di Fase II. Anche perché il clima era tale per cui sembrava che alla CUF, al Ministero e nei reparti di oncologia ci fossero solo dei folli la cui unica preoccupazione era negare la salvezza a milioni di malati.

La sperimentazione


Coordinata dall'Istituto Superiore di Sanità, la sperimentazione prevedeva di trattare un certo numero di pazienti (volontari è ovvio) che presentavano una serie di forme tumorali, scelte anche sulla base di indicazioni fornite da Di Bella. In totale otto: linfoma non Hodgkin, leucemia linfoide, macrocitoma metastatico del polmone, cancro del colon retto, carcinoma del pancreas, tumori a cellule squamose di cranio, collo ed esofago, tumori solidi metastatici in pazienti terminali. Certamente non pazienti facili, ma nelle sperimentazioni di Fase II non è etico arruolare pazienti per i quali esiste comunque una cura efficace. Lo studio, che è stato pubblicato dal British Medical Journal, può essere letto interamente in rete. Per brevità qui si riportano soltanto i risultati: nessun paziente è guarito, tre pazienti (uno con tumore del pancreas, uno con carcinoma della mammella e uno con linfoma non Hodgkin) hanno mostrato una parziale remissione. Tre pazienti, si badi, su 386. Al secondo controllo solo nel 12% del campione la malattia si era arrestata; nel 52% la malattia era peggiorata e il 25% era deceduto. All'ultimo controllo poco meno del 57% dei pazienti era morto; dei sopravvissuti soltanto 16 stavano ancora ricevendo il trattamento, mentre gli altri 129 lo avevano già interrotto per palese inefficacia. Palese inefficacia accompagnata da un certo grado di tossicità, come ha ricordato in questi giorni il professor Umberto Tirelli, responsabile del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, che all'epoca partecipò alla sperimentazione.
Polemiche ci furono anche sui risultati, ovviamente, ma vanno ricordate due cose: lo studio aveva anche dei supervisori stranieri indipendenti (quindi difficile addomesticare i risultati); nel corso della sperimentazione la multiterapia venne ulteriormente modificata secondo le indicazioni di Di Bella, che aveva ritenuto inadeguata l'applicazione delle sue indicazioni.

Ci sono anche altri studi

Si vogliono misconoscere questi risultati? Ce ne sono altri, antichi e recenti. Già nel 1992 era stato organizzato un trial clinico su pazienti affetti da tumori gastroenteroepatici endocrini. Al controllo dopo 3 mesi dei 68 pazienti trattati con octreotide, si osservò una parziale regressione del tumore nel 4,4%, l'aggravamento nel 45% e la stabilizzazione nel 50%. Inoltre si concludeva che la risposta al farmaco c'era, ma solo iniziale e che, soprattutto, non era possibile prevedere l'effetto nel singolo paziente. Risultati non eccezionali, tanto che a questo studio poi non fecero seguito altri trial clinici analoghi, benché la ricerca fosse stata finanziata dalla casa produttrice dell'octreotide, che quindi avrebbe avuto tutto l'interesse ad accumulare risultati positivi.
Nel 2000, infine, un trial clinico che paragonava l'efficacia della chemioterapia tradizionale (5 fluorouracile con o senza leucovorin) con quella dell'octreotide nel tumore del pancreas è stato interrotto, perché nei pazienti che ricevevano l'octreotide i tumori progredivano più rapidamente e, quindi, non era etico continuare.

Che cos'era questa multiterapia

La somatostatina è un ormone prodotto dall'ipotalamo che è in grado di inibire l'azione dell'ormone della crescita. Per questo i suoi analoghi sintetici (più potenti) come octreotide e lanreotide sono usati nella cura dell'acromegalia. Per le sue proprietà è somministrata per alleviare i sintomi prodotti da alcuni tumori, come il carcinoide dell'intestino, cioè diarrea e vampate. Insomma non era un novità, e le sue potenzialità come farmaco adiuvante erano ben note.
Inoltre questa sostanza è in grado di legarsi alle cellule di alcuni tumori e, quindi, viene usata in diagnostica. Octreotide e lanreotide, marcate con sostanze radioattive, vengono iniettate nel paziente e poi seguite con apparecchiature radiologiche per scoprire la localizzazione del tumore. Questa proprietà è adesso studiata per verificare se non sia possibile, servendosi della somatostatina, far arrivare sul tumore una certa dose di sostanze radioattive capaci di aggredire le cellule cancerose senza ledere i tessuti sani. Una sorta di microradioterapia. Una prospettiva affascinante per tumori non operabili. Ma questo che cosa c'entra con l'impiego proposto dal professor Di Bella? Niente!
Le altre sostanze impiegate. Innanzitutto c'era la melatonina, e qui si aprirebbe un altro contenzioso, perché anche la melatonina è stata proposta per le applicazioni più diverse, trascurando il semplice fatto che non esistono recettori per la melatonina nelle cellule tumorali, e senza recettori, niente azione.
Poi c'erano dei retinoidi, cioè parenti della vitamina A, di cui è nota l'attività antitumorale da un bel po' di tempo e, infine bromocriptina, una sostanza in grado anch'essa di ridurre i livelli di ormone della crescita e soprattutto della prolattina (e per questo usata anche per le irregolarità del ciclo mestruale). Poi per alcuni tumori furono aggiunte altre sostanze che sono antitumorali "classici". E, ancora, il professor di Bella chiese l'aggiunta successiva della vitamina C e di altro.

E allora?

E allora la multiterapia non ha funzionato una volta che è stata impiegata in condizioni controllate. Senza ironia, sarebbe stato molto bello che un singolo medico senza prestigiosi istituti alle spalle fosse riuscito là dove anche i maggiori enti di ricerca procedono per piccoli passi, con grande fatica ed enormi investimenti. Ma ormai la medicina, come tutte le scienze, non procede più attraverso il lavoro di singoli isolati per quanto possano essere capaci e umani con i loro pazienti (come si dice sia lo stesso professor Di Bella). Perché, in definitiva, le cose facili sono già state scoperte tutte e quelle che restano da scoprire sono, purtroppo, molto difficili.
Spiace soltanto che la multiterapia sia ritornata sui giornali in concomitanza o quasi con la campagna per finanziare la ricerca sul cancro, quella vera. Poi, se qualcuno vuole investire in una nuova sperimentazione e può farlo è senz'altro lecito. Ma ha poco a che fare con la ricerca e la medicina scientifiche.

Maurizio Imperiali



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