Dal metodo empirico...

08 settembre 2006
Aggiornamenti e focus

Dal metodo empirico...



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Sono ormai alcuni anni che le percentuali di guarigione dalle malattie tumorali, considerate nel loro complesso, raggiungono il 50%. Con situazioni più favorevoli, per esempio il tumore della mammella o quelli cutanei, e altre in cui invece non si è ottenuto molto, ed è il caso del carcinoma polmonare. Secondo alcuni esperti, potrebbe anche essere che la linea d'azione fin qui condotta abbia dato quello che poteva dare, e che oggi sia necessario seguire, o seguire con più decisione, altre strade. L'attuale linea di ricerca è stata per così dire benedetta nel 1971, quando l'allora presidente degli Stati Uniti Richard Nixon dichiarò "guerra al cancro" prospettandone la sconfitta nell'arco del decennio. Non andò così, è chiaro, ma innegabilmente alcuni grandi progressi tecnologici, per esempio le tecniche chirurgiche, quelle diagnostiche, la disponibilità di macchine potenti ma selettive per la radioterapia, hanno dato un contributo importantissimo. Contributo che ha dato anche la scoperta, empirica, di farmaci importanti come il cisplatino. Negli ultimi 15 anni del millennio scorso, però, non si sono avuti progressi altrettanto evidenti in campo terapeutico. Sostanzialmente, l'approccio è rimasto lo stesso: l'uso di sostanze citotossiche, cioè tossiche per la cellula, quella tumorale ma anche le altre. Oltretutto, la scoperta di questi farmaci si è basata sempre sulla verifica diretta della loro capacità citotossica, si esaminava cioè in vitro il loro effetto provandone moltissime più o meno simili, ma non perché si sapesse quali erano i meccanismi più fini su cui intervenire. Questo non significa che non siano migliorati molti altri aspetti: gli interventi chirurgici, ancora la principale arma in molti tumori, sono diventati più rapidi e meno invasivi, e la diagnosi precoce è sempre più alla portata.

Nuovi ma non sempre migliori


Tra l'altro, uno studio pubblicato alcuni anni fa da Silvio Garattini, il direttore dell'Istituto Mario Negri e membro dell'Agenzia europea del farmaco, faceva notare un aspetto importante. Nei primi sei anni di vita dell'agenzia, i nuovi farmaci antitumorali introdotti presentavano vantaggi abbastanza marginali su quelli esistenti ma in compenso costavano molto di più, anche 350 volte di più. Questo non deve indurre a pessimismo, perché fortunatamente sui tumori, sulla biologia dei tumori (evoluzione, cause scatenanti, meccanismi di accrescimento), se ne sa infinitamente di più. E' necessario che da queste conoscenze si passi a farmaci davvero di nuova generazione. Già qualche tempo fa ne parlava un editoriale di Franco Cavalli, oncologo e direttore degli Annals Of Oncology. Secondo Cavalli i futuri antitumorali saranno molecole più piccole, che invece di bombardare nel suo complesso la cellula ne mineranno meccanismi specifici, per esempio la trasmissione di segnali, la mitosi (cioè la divisione) o l'angiogenesi (formazione di vasi sanguigni). Non è detto poi se questi nuovi farmaci saranno impiegati da soli o in associazione con i citotossici tradizionali. Per esempio un farmaco che contrasti l'angiogenesi potrebbe andare a ridurre la massa del tumore per rendere più semplice ed efficace l'impiego del citotossico. Evidentemente non tutte le strade saranno praticabili: per esempio, già sulle prospettive di interferire con l'angiogenesi alcune riicerche non hanno dato esiti completamente soddisfacenti.
Un altro aspetto, dal quale ci si attende molto è quello di rendere i farmaci, se non più mirati nel senso di colpire solo il tumore, nel senso di avere farmaci individualizzati per ciascun tumore. Nel caso del tumore della mammella, oggi si distingue già tra un tipo e l'altro di lesione, in funzione, per esempio, della presenza di alcuni recettori.

Ci sono più casi ma...


Un altro motivo di ottimismo viene dalle statistiche. Se si considera la mortalità per le diverse forme di cancro tenendo conto anche dell'incidenza per fasce di età è facile vedere che il numero di casi aumenta più per il fatto che non si muore prima a causa di altre malattie acute o croniche e per il fatto che in generale si vive più a lungo. I tumori, quindi, non sembrano essere diventati in sé più aggressivi e diffusi, aumenta piuttosto la platea delle persone suscettibili. A questo punto è bene che non vengano risparmiate risorse alla ricerca, né fondi ai programmi di screening dove sono possibili. Così come si è confermata fondamentale l'azione sullo stile di vita: smettendo di fumare, mantenendo il peso forma, moderando il consumo di alcol non si previene tutto, ma ciò che è prevenibile lo è totalmente.

Maurizio Imperiali



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