Per la neoplasia serve appropriatezza

18 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Per la neoplasia serve appropriatezza



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Come per altri settori oncologici, i progressi compiuti negli ultimi trent'anni nel campo dei tumori ginecologici sono notevoli. Agli avanzamenti rispetto a terapie, qualità di vita, riduzione delle complicanze, potrebbe però non corrispondere un'uniforme possibilità di fruire degli approcci ottimali per tutte le pazienti sul territorio, una difformità che vale anche per altri ambiti medici. Questo per la ginecologia oncologica porta, nella realtà, addirittura a un peggioramento di risultati: l'ha messo in luce e stigmatizzato una ricerca condotta nel decennio 1992-2002 dall'Istituto Nazionale dei Tumori (INT) di Milano, tanto che ne è nata l'idea di un manuale, ora realizzato, dal titolo Requisiti minimi per il trattamento delle neoplasie ginecologiche. La questione è tecnica, scientifica e sanitaria, ma la portata è immediatamente comprensibile a tutti se si pensa che non ricevere trattamenti adeguati in casi come questo significa diminuire anche di molto le possibilità di guarigione e di sopravvivenza. E si tratta di forme diffuse e severe come il carcinoma ovarico, più comune causa di morte tra le neoplasie ginecologiche per aggressività e ritardo di diagnosi.

Team multidisciplinari e pratica


L'indagine ha riguardato un campione significativo di 230 casi del 1992 e 220 del 2002 riferiti all'INT, come centro di eccellenza, da altri centri ospedalieri. Lo scopo era valutare l'adeguatezza delle procedure diagnostiche e terapeutiche prima del ricovero nell'Istituto. "Nel confronto tra 2002 e 1992 è risultato un aumento del 32% delle pazienti trattate in modo inadeguato" ha sintetizzato Francesco Raspagliesi, Responsabile Struttura Complessa di Oncologia Ginecologica dell'INT e curatore del manuale "delle quali con danno prognostico significativo il 25% per cento dei casi e moderato il 43%. Un trend che è stato confermato come rappresentativo a livello nazionale. "Primo problema è che la ginecologia oncologica richiede un'elevata integrazione di specialisti, cioè chirurgo ginecologo oncologo, oncologo clinico, radiologo, radioterapista, patologo, con consuetudine per questi casi e organizzazione adeguata. Ed è dimostrato che la guarigione in ginecologia oncologica è correlata all'integrazione multidisciplinare". Quanto alle neoplasie dell'apparato genitale femminile, le più comuni sono quelle dell'endometrio, della cervice uterina, dell'ovaio, più rare altre come quelle della vulva, della vagina, i sarcomi uterini. "Possibili cause dell'andamento registrato sono la diffusione delle terapie oncologiche in strutture deficitarie dei mezzi adeguati, favorita dall'aziendalizzazione sanitaria; la mancanza di una scuola di specialità di oncologia ginecologica, di un sistema di accreditamento degli specialisti e di direttive per individuare quali strutture e specialisti accreditare. Non dappertutto c'è un'apposita oncologia ginecologica, né d'altra parte i centri d'eccellenza possono bastare. Occorre invece stabilire una rete di centri che soddisfano requisiti minimi, in base ai quali ogni paziente di qualsiasi parte della penisola deve poter essere trattata al meglio. Una struttura che per esempio non ha una casistica sufficiente, diciamo almeno 60 casi all'anno, non è adeguata per trattare in oncologia ginecologica. Su questi temi abbiamo trovato ascolto alla Regione Lombardia, in relazione alla ROL, la Rete oncologica lombarda, che ancora non comprende le neoplasie ginecologiche". L'INT è stato l'iniziatore della ROL, e ne è il coordinatore.

Stabilire una rete di strutture adatte


Il perno è dunque quello dei requisiti minimi per il trattamento adeguato, un concetto più pratico di quello delle linee guida, considerate a livello di raccomandazioni o consigli. Da qui l'iniziativa INT del manuale, scritto da Raspagliesi con Massimo Franchi, Angiolo Gadducci e il direttivo SIOG (Società Italiana Oncologia Ginecologica), pubblicato da Editeam, che propone appunto criteri ottimali, relativi all'organizzazione e alle strutture, ai protocolli di diagnosi e terapia, alla scuola di specialità, all'accreditamento, alle direttive governative per l'individuazione degli specialisti. Il volume sarà diffuso tra i medici di medicina generale (MMG). "Siamo da tempo fortemente impegnati nella formazione oltre che nel coordinamento di tutte le attività che sono in relazione con il malato oncologico, e in questo rientra il lavoro con i MMG per i quali sarà anche realizzato un corso" ha sottolineato il direttore generale dell'INT Alberto Scanni. "Il miglioramento continuo dei sistemi è un obiettivo del piano socio-sanitario regionale approvato nel 2007" ha detto Luciano Bresciani, assessore alla Sanità della Regione Lombardia "perciò si punta al sistema della Rete oncologica lombarda e in quest'ambito s'inquadra un'iniziativa come quella di Raspagliesi". Il discorso è quello dell'appropriatezza delle cure, ed è di estrema attualità, come insegna la vicenda milanese della Clinica Santa Rita.

Elettra Vecchia



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