A scuola di parole

28 maggio 2010
Aggiornamenti e focus

A scuola di parole



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di Simona Zazzetta

Il primo anno di vita di un bambino rappresenta una precocissima finestra di tempo in cui è possibile individuare un disturbo specifico del linguaggio (Dsl), che a sua volta pone le basi ed eleva il rischio di disturbi dell'apprendimento, disturbi dell'affettività e della condotta. È, infatti, in questa fase molto precoce che inizia a formarsi un vocabolario minimo fatto di brevi parole a due sillabe, tipiche dell'età (mamma, papà, pappa, nanna), che si arricchisce e migliora nei pochi mesi successivi. A 24-30 mesi, quando in genere il bambino accede alla scuola materna, è in grado di parlare e di esprimersi facendosi comprendere bene.

La mancanza di un vocabolario minimo deve iniziare a sollevare la soglia di attenzione da parte dei genitori, che come primo passo devono rivolgersi al pediatra: «Se nel primo anno di età il bambino non ha acquisito l'uso di parole brevi» spiega Tiziana Rossetto, presidente della Federazione dei logopedisti italiani «esiste, ancora con un'ampia variabilità, il rischio di sviluppare il disturbo specifico del linguaggio. Se tra i 12 e i 18 mesi il linguaggio non progredisce, non si acquisisce una gestualità in grado di farsi capire, è importante rivolgersi a uno specialista, ma è intorno ai 18-24 mesi che diventa chiaro se il bambino ha Dsl, che viene definito specifico proprio perchè non dipende da deficit cognitivi, psicologici o emotivi». La probabilità di risolvere il disturbo dipende dalla precocità con cui lo si riconosce e con cui si interviene: «Questo può dipendere anche da come risponde la famiglia e da come agisce» sottolinea Rossetto «è importante che prima di andare alla scuola materna il bambino sappia parlare, se ciò non accade si è già in ritardo, e quindi a rischio elevato di sviluppare in età scolare i disturbi dell'apprendimento».

I disturbi specifici del linguaggio colpiscono circa l'8% dei bambini, per lo più i maschi, in età prescolare e in età scolare e tendono a evolvere in disturbi specifici dell'apprendimento (Dsa) vale a dire la difficoltà di apprendere in aree specifiche quali la lettura (dislessia), la scrittura (disortografia) e le abilità di calcolo (discalculia). Se non riconosciuti e trattati, possono comportare un impatto negativo per l'autostima e la qualità della vita scolastica e famigliare del bambino, dovuti al fatto di essere indicati come scolari svogliati e distratti, che a loro volta molto spesso abbandonano precocemente gli studi. La dislessia viene considerato il Dsa più invalidante e il più visibile, in quanto caratterizzato da difficoltà a effettuare una lettura rapida e accurata e la sua diagnosi certa la si può fare in seconda elementare: «C'è bisogno di tempo perchè la lettura si automatizzi e diventi veloce e accurata come pure l'apprendimento delle regole di ortografia» spiega ancora Rossetto «ma a metà della prima elementare c'è già la possibilità di vedere alcuni segnali, per esempio se, rispetto all'andamento medio della classe, c'è una difficoltà a riconoscere le lettere, a mettere insieme due sillabe». La diagnosi viene posta sia per i Dsl sia per i Dsa utilizzando test condivisi da tutti i logopedisti, e anche per la dislessia è importante la precocità per poter portare il bambino alla comprensione di un testo anche con l'aiuto, quando necessario, di strumenti di supporto come i lettori automatici. Il pediatra ha un ruolo importante per monitorare il bambino fin dalle fasi prescolari precoci e indirizzare a un'equipe specialistica formata da un logopedista, cioè colui che si occupa nello specifico di prevenzione e nel trattamento dei disturbi del linguaggio e della comunicazione e da un neuropsichiatria infantile.



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