Disintossicarsi dalla droga

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Disintossicarsi dalla droga



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Tutte le droghe sono potenziali veleni: possono infatti causare intossicazione acuta (overdose) o cronica (assuefazione e dipendenza). Analogamente a quanto avviene per alcune sostanze chimiche e per il veleno di certi serpenti, viene spontaneo pensare che possa esistere un antidoto. Non è così, invece; fatta eccezione per ilnaloxone, infatti, non esistono sostanze capaci di annullare gli effetti di una droga. Questo dato non vuole spaventare inutilmente, ma spiegare il perché dei rari casi mortali e far riflettere sui rischi connessi all'abuso.

Per intossicazione acuta si intende l'ingestione (per inalazione, per bocca, per via endovenosa o tramite il fumo) di una dose eccessiva di una determinata sostanza. Quando ci si riferisce alle droghe, la "dose eccessiva" non corrisponde mai ad un valore ben preciso perché dipende da fattori variabili:
  • La massa corporea (cioè il peso) del soggetto
  • Il grado di tolleranza dell'organismo nei confronti di quella droga
  • L'effettiva quantità di droga (principio attivo) contenuta nella sostanza assunta
  • La quantità e qualità delle sostanze estranee (il taglio) presenti, che possono, a loro volta, essere tossiche
Quando si assume una overdose, gli effetti collaterali della droga in questione si manifestano tutti insieme e in maniera molto violenta. In assenza di un antidoto specifico, la crisi acuta continua finché l'organismo non ha eliminato tutta la sostanza tossica. Questo in linea teorica, nella pratica fortunatamente il medico può comunque intervenire con farmaci sintomatici, che alleviano i sintomi sgradevoli, e con medicinali o procedure che favoriscano una più rapida eliminazione della droga. Tutto ciò, naturalmente, presuppone che il soggetto si rivolga tempestivamente ad un pronto soccorso e che sappia che tipo di sostanza ha assunto.

L'intossicazione cronica deriva dall'uso continuo e prolungato di una determinata sostanza, nel caso delle droghe è quello che si definisce abuso. L'assunzione abituale di una droga fa sì che gli effetti tossici non siano immediatamente evidenti, tuttavia i danni all'organismo ci sono e si sommano progressivamente fino a diventare gravi e, talvolta, generare lesioni irreversibili (non guaribili). Gli effetti da abuso protratto più noti sono la tolleranza e la dipendenza, che tuttavia si manifestano con intensità diverse per ogni singola droga e non necessariamente si presentano insieme.

Tolleranza o assuefazione: significa che l'organismo diventa meno sensibile agli effetti di una certa sostanza e, di conseguenza, per ottenere le stesse sensazioni è necessario aumentare la dose. Tutte le droghe, ma anche alcuni farmaci, il caffè, l'alcole la nicotina inducono tolleranza. Aumentare la dose significa aumentare proporzionalmente anche gli effetti tossici e, talora, anche gli effetti collaterali. L'amfetamina e i suoi derivati, ad esempio, producono eccitazione, euforia, sensazione di benessere ma anche insonnia e cefalea. La tolleranza a queste sostanze si instaura nei confronti degli effetti piacevoli ma non di quelli negativi, che perciò divengono più intensi al crescere delle dosi.
Il fenomeno della tolleranza insorge dopo un certo periodo di tempo, che varia per ogni singola droga; generalizzando si può dire che le sostanze a breve durata d'azione danno assuefazione in tempi molto brevi (giorni), mentre quelle il cui effetto dura più a lungo richiedono alcune settimane prima che l'organismo impari a "tollerarle".

Dipendenza: fisica e/o psicologica, è quell'insieme di meccanismi che costringono alla continua ricerca della droga. La componente psicologica è sempre presente, seppur con intensità variabile in base alla singola sostanza e alla durata dell'abuso. La dipendenza psicologica è una coazione a ripetere, cioè un impulso irresistibile a procurarsi nuovamente la droga per rivivere l'esperienza piacevole che essa ha procurato. Dal punto di vista mentale, quindi, è uno stato comprensibile e anche superabile, con una buona dose di motivazione e forza di volontà.
La dipendenza fisica, invece, è una situazione completamente diversa e indipendente dalla volontà del singolo. È strettamente correlata alla crisi d'astinenza: quando si ha dipendenza fisica la mancata assunzione della droga scatena la crisi, caratterizzata da sintomi fisici sgradevoli e intensi. Procurarsi la droga diventa perciò necessario per non stare male, e questo è sicuramente il maggiore ostacolo alla disintossicazione. Non tutte le droghe, per fortuna, generano dipendenza fisica: gli allucinogeni (LSD; psilocibina) inducono solo una fortissima tolleranza, ma mai dipendenza. Gli eccitanti (cocaina, amfetamina e suoi derivati), invece, si caratterizzano per l'intensa dipendenza psicologica: una brusca sospensione della droga, in soggetti che ne fanno uso abituale, non provoca una crisi d'astinenza fisica, ma si accompagna a uno stato di profonda stanchezza e depressione, estremamente spiacevoli per il soggetto. I narcotici oppioidi (eroina, morfina, oppio) sono quelli che causano le crisi d'astinenza peggiori, inoltre superata la crisi (circa 1 settimana) la dipendenza fisica richiede ancora tempo prima di scomparire del tutto.

Naloxone


È l'unico antidoto esistente, capace di salvare la vita a chi abbia assunto una overdose di una sostanza oppiacea. Come farmaco non possiede effetti suoi propri: è un antagonista dei recettori degli oppioidi, gli stessi a cui si lega la droga per produrre le sensazioni di benessere, perché si lega ad essi senza evocare le reazioni tipiche e, contemporaneamente, impedisce che vi accedano altre molecole. La sua affinità per questi recettori è molto alta quindi, in caso di overdose, il naloxone riesce a sostituirsi alla droga spostandola dai recettori che aveva occupato e impedendole così di portare a termine la sua azione mortale. L'azione del naloxone è immediata ma di breve durata (20-30 minuti), perciò può essere necessario iniettare 2 o più dosi successive, finché non sia esaurita completamente l'attività della droga assunta.

Uscire dal tunnel


Disintossicarsi è possibile ma da soli è piuttosto difficile. Per tutti i motivi descritti sopra, abbandonare l'uso di una droga richiede almeno un supporto psicologico, unitamente ad una forte motivazione. Spesso poi è necessario anche un supporto farmacologico, uno o più farmaci che aiutino a superare le sensazioni spiacevoli, psicologiche e fisiche, connesse con la dipendenza. Come per gli antidoti anche per la disintossicazione, se si eccettua il metadone, non esiste una medicina miracolosa capace di annullare il desiderio della droga, tuttavia diverse sostanze sono ancora in sperimentazione.
Nel 1994 uno studio peruviano (1) valutò l'efficacia del tè preparato con foglie di Coca (venduto legalmente in sud America) nel controllo della dipendenza da cocaina. I 23 pazienti reclutati, che fumavano regolarmente pasta di coca e volevano smettere, sono stati seguiti ambulatorialmente anche con un supporto psicoterapeutico. Dopo 1 anno si è potuto concludere che, assumendo quotidianamente il tè per via orale, il fumo di pasta di coca si è ridotto da 4 a una volta al mese e il periodo medio di astinenza dalla droga è passato da 32 giorni (prima dell'esperimento) a 217 giorni. Tuttavia questi dati fanno riferimento ad un numero troppo esiguo di pazienti e ad un contesto sociale difficilmente riscontrabile nei paesi occidentali. I risultati non si possono generalizzare ma rappresentano l'approccio classico alla disintossicazione: l'uso di dosi controllate della stessa droga di cui il paziente abusa, con una via di somministrazione che ne riduca la tossicità (la cocaina è poco assorbita dal tratto gastroenterico) in modo da ridurre progressivamente l'abitudine e la dipendenza.
Più recente, invece, uno studio (2) dell'ente statunitense NIDA (National Institue on Drug Abuse) che si è potuto avvalere di una metodica più sofisticata. Per i recettori dei cannabinoidi (Hashish e Marijuana), infatti, si è trovata una molecola antagonista, il SR141716. Questa sostanza è stata somministrata a dei volontari che consumavano abitualmente marijuana, 2 ore più tardi gli stessi soggetti hanno fumato la droga. In presenza dell'antagonista gli effetti fisici e psicologici della droga sono risultati molto ridotti, quindi l' SR141716 potrebbe essere un valido deterrente. Sapendo che non otterrà gli effetti desiderati, infatti, il paziente non trova più giustificazione per ricorrere alla droga.
Una somma di questi 2 distinti approcci è la base razionale dell'impiego del metadone nella disassuefazione da eroina o morfina. Il metadone è un derivato di sintesi della morfina, chimicamente si definisce agonista parziale perché possiede quasi tutti gli effetti della morfina, in aggiunta presenta alcuni considerevoli vantaggi. Innanzitutto si può somministrare per via orale: si evita così il rischio d'infezioni connesso alla pratica dell'iniezione endovenosa, la sua durata d'azione (24-36 ore) è maggiore di quella dell'eroina, della quale inoltre non possiede gli effetti euforizzanti, e il suo costo è decisamente contenuto. Il tossicodipendente trattato con metadone non precipita nella crisi d'astinenza e può recuperare un'esistenza normale, ma necessita di un supporto psicologico per vincere il desiderio della droga che permane quasi inalterato.
Nel trattamento della disintossicazione è ormai riconosciuto (3) che la terapia più efficace prevede dosi elevate (oltre 100mg al giorno) di metadone, che vanno poi ridotte gradualmente. Purtroppo questa terapia non è esente da ricadute, il paziente infatti può continuare a drogarsi perché il metadone non annulla gli effetti dell'eroina, e spesso dura alcuni anni.

Elisa Lucchesini



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