L'antibiotico poco previene

18 luglio 2007
Aggiornamenti e focus

L'antibiotico poco previene



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Le infezioni delle basse vie urinarie in età pediatrica non sono un tema del quale si dibatta molto. Eppure non sono nemmeno così rare: l'incidenza cumulativa da 0 a 6 anni è, infatti, pari al 3-7% tra le bambine e all'1-3 per cento tra i maschietti. In altre parole, da 3 a 7 bambine su 100, nell'arco che va dalla nascita alla fine del sesto anno di età sperimenteranno questo disturbo. Non è pochissimo. Inoltre, va tenuto presente che queste infezioni, soprattutto se ricorrenti, sono molto spesso dovute a una malformazione congenita che provoca il cosiddetto reflusso vescico-uretrale (le urine risalgono dall'uretra alla vescica, causando ristagni che favoriscono la proliferazione dei batteri).

Pochi studi e poco mirati


Come spesso accade nei bambini, non esistono molti studi sui fattori di rischio che favoriscono la prima infezione e lo sviluppo di quelle ricorrenti. Ciononostante, dal 1999 sono state pubblicate linee guida in materia, che consigliano la profilassi antibiotica, cioè la somministrazione preventiva di farmaci. Un'idea logica se si tiene presente che il ripetersi di queste infezioni, in sé non gravi, può però condurre anche a un danno reale. Però resta il solito però delle terapie in pediatria:i dati sono pochi. Ha cercato di rimediare uno studio statunitense, volto a chiarire sia quali sono i fattori di rischio per le infezioni singole e ricorrenti sia l'effetto della profilassi antibiotica. Di conseguenza, per partire dalla popolazione meno selezionata possibile, i ricercatori si sono rivolti a 27 ambulatori pediatrici territoriali di primo livello (un po' come andare dal pediatra di libera scelta) e hanno selezionato una coorte di poco meno di 75.000 bambini che tra il 2001 e il 2006 avevano subito almeno due visite ed erano di età non superiore a 6 anni. Tra questi sono stati isoltai quelli con la prima infezione, monitorati per almeno 24 giorni e senza altre malattie particolari. Di questi, 83 avevano sviluppato infezioni ricorrenti (il che significa che su cento bambini con la prima cistite, 12 sono destinati a sperimentarla nuovamente entro un anno). Un altro dato importante, ricavato dalle colture delle urine, era la presenza di batteri resistenti ai farmaci comunemente impiegati, fenomeno che riguardava il 61% delle infezioni ricorrenti.

Profilassi deludente


I valori riscontrati erano coerenti con quelli riportati da altre ricerche. E i fattori di rischio? A parte quelli di tipo genetico, essere bianchi, per esempio, che quasi raddoppia la possibilità di infezione ricorrente, c'era l'età (la fascia più esposta era quella dei 3-4 e dei 4-5 anni, per la quale il rischio aumentava di 2,7 e 2,4 volte) e la presenza del reflusso vescico uretrale di grado 4-5, cioè grave, che moltiplicava il rischio di oltre 4 volte. Pareva non avere effetti, invece il sesso: bambini e bambine, una volta che si è presentata la prima infezione hanno la stessa probabilità di avere ricadute. Detto questo, resta l'aspetto antibiotici: la profilassi non ha nessun effetto sul presentarsi di nuove infezioni, in compenso favorisce il presentarsi di batteri resistenti. E attenzione: è stato calcolato anche l'eventuale azione, sullo sviluppo delle resistenze, di antibiotici somministrati per altri motivi (una faringite, per esempio). Insomma, nei bambini l'efficacia della profilassi antibiotica è discutile, se non assente. La cosa, peraltro, non dipende nemmeno dal farmaco usato (cotrimossazolo, amoxicillina e nitrofurantoina i più frequenti) o dal tipo di batterio isolato (la frequenza dei diversi aggressori era la solita, con l'E. coli e i bacilli Gram negativi in pole position).
E' il primo studio del genere, riconoscono gli autori, ma è sufficiente a mettere in discussione che la prescrizione della profilassi antibiotica sia la cosa migliore da fare sempre.

Maurizio Imperiali



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