Dimagrire con stile (di vita)

23 novembre 2005
Aggiornamenti e focus

Dimagrire con stile (di vita)



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Non basta una pillola per dimagrire, se tutto il resto, abitudini alimentari e di vita, resta invariato. Per quanto possano efficaci i farmaci (non gli integratori alimentari) da soli non ottengono risultati altrettanto positivi di quelli che otterrebbero se associati a un intervento sullo stile di vita. Anzi, si può dire che il farmaco senza tali modifiche perde di efficacia.

Efficacia comprovata


Il farmaco chiamato in causa è la sibutramina, oggetto di un provvedimento, poi revocato, che ne sospendeva l'uso per sospetti eventi avversi. Risolta la questione e riabilitata la molecola, la sibutramina è tornata a far parte della strategia terapeutica per risolvere i casi di obesità.Il principio attivo agisce a livello del sistema nervoso centrale in modo simile a certi antidepressivi di ultima generazione, cioè aumentando i livelli di serotonina (riducendo il suo recupero nelle sinapsi nervose). Inoltre ha un'azione analoga su un altro neurotrasmettitore: la noradrenalina. Grazie a questo duplice meccanismo la sibutramina agisce sia riducendo l'appetito (agendo sul sistema serotoninergico) sia aumentando, in una certa misura, il dispendio energetico (agendo sul sistema noradrenergico). Quindi l'obiettivo è mangiare un po' meno e consumare di più. Visto il meccanismo d'azione, va da sé che viene usato nei casi di obesità grave, cioè quando l'indice di massa corporea (BMI) supera 30.La sua comprovata efficacia è stata comparata con altre strategie che non sempre prevedevano un farmaco.

Efficacia comparata


Il confronto è stato fatto su quattro gruppi, formati più o meno da 55-60 soggetti, tra i 18 e i 65 anni, gravemente obesi (BMI tra 30 e 45), sostanzialmente sani e senza condizioni particolari (gravidanza o allattamento). Un gruppo è stato assegnato alla sola somministrazione di sibutramina, ed è stato dotato di un opuscolo con i punti fondamentali per un'alimentazione e un'attività fisica sane. A un secondo gruppo sono stati proposti incontri collettivi settimanali (counseling) di circa un'ora e mezza per 18 settimane, in cui, tra le altre cose, veniva affidato il compito di appuntare giornalmente le calorie assunte e l'attività fisica svolta. A un terzo gruppo sono state assegnate entrambe le proposte: sibutramina e gli incontri. Infine la quarta possibilità era l'associazione del farmaco con incontri con il medico di base ma brevi, di circa 10-15 minuti, in cui si assegnava il compito del diario giornaliero.Ebbene, a distanza di un anno, il metodo che pagava di più gli sforzi dei pazienti era quello combinato, quello che dava meno risultati era quello esclusivamente farmacologico. E ovviamente era la bilancia a dirlo: 12,1 kg in meno contro i 5 kg in meno ottenuti solo con la sibutramina. Intermedi i risultati dati dal solo cambiamento dello stile di vita (6,7 kg persi) e dalla combinazione dei metodi con brevi incontri di counseling, ma sempre con un andamento che favoriva l'aspetto duplice della terapia. Traducendoli in termini percentuali, nel giro di un anno, il 73% dei pazienti del gruppo in terapia combinata con counseling lungo aveva perso il 5% del peso iniziale, un risultato raggiunto solo dal 42% dei soggetti che assumevano solo il farmaco, dal 53% di quelli trattati solo con il counselling lungo e dal 56% di quelli in terapia combinata con counseling breve. La differenza spiccava anche considerando una perdita del 10% del peso iniziale, che interessava il 52% del primo gruppo e poi, rispettivamente, il 26, il 29 e il 26% degli altri gruppi.

Paziente attivo

Non è stato possibile analizzare nel dettaglio i singoli fattori critici che hanno permesso o meno la perdita di peso, tuttavia è stato notato che l'elemento che correlava positivamente con il calo ponderale era l'assiduità con cui veniva curato il diario giornaliero. Infatti anche nello stesso gruppo che aveva ottenuto i maggiori successi, i pazienti che avevano rispettato la consegna in modo più scrupoloso avevano perso 18,1 kg rispetto ai meno diligenti che ne avevano persi solo 7,7. Tali osservazioni confermano che la partecipazione attiva del paziente alla terapia, ottiene maggiori successi della terapia subita. Contribuisce a creare una coscienza del proprio stato di salute e incentiva comportamenti sani, che vanno a modificare abitudini a volte molto radicate, che un semplice farmaco non è in grado abolire, ma la volontà sì.

Simona Zazzetta



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