Un test per salvare la vista

19 maggio 2006
Aggiornamenti e focus

Un test per salvare la vista



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Tra le numerose piaghe che affliggono i paesi del Terzo mondo c'è la diffusione della cecità, dipendente da fattori legati a condizioni di vita ben lungi dall'essere ottimali, dall'alimentazione all'igiene al clima. La causa principale di perdita evitabile, in quanto di origine infettiva, della vista, è il tracoma, provocato dalla Chlamydia trachomatis, un germe che viene veicolato dalle mosche e si trasmette per contatto diretto o tramite oggetti quali, per esempio, gli asciugamani, per cui si diffonde più facilmente tra madri e bambini. Il batterio è presente soprattutto in aree con scarsità d'acqua, come nel continente asiatico e americano centro-meridionale (ma anche nel Mediterraneo). Un problema legato a quest'infezione è anche la difficoltà di identificarla nei paesi che non dispongono dei moderni e costosi metodi diagnostici, necessari per una terapia antibiotica ottimale: per questo un team internazionale coordinato da ricercatori dell'Università di Cambridge, Gran Bretagna, ha messo a punto un sistema di diagnosi semplice e adatto a quelle realtà che, sperimentato sul campo, sembra si sia dimostrato del tutto affidabile. Se la sua validità troverà ulteriori conferme, questo approccio potrebbe contribuire al raggiungimento dell'ambizioso obiettivo dell'OMS di eliminare il tracoma entro il 2020, attraverso una strategia definita con l'acronimo SAFE, vale a dire chirurgia (surgery) per la fase avanzata detta trichiasi, antibiotici, pulizia del viso (face), igiene ambientale (environmental).

Scegliere l'antibiotico giusto


L'infezione oculare da Chlamydia trachomatis, dopo un'iniziale e aspecifica dilatazione dei vasi sanguigni nella congiuntiva tarsale, all'interno della palpebra, porta alla formazione nella stessa sede di piccoli follicoli, che rappresentano la tracomatosi infiammatorio-follicolare (TF), e il ripetersi dell'infiammazione crea lesioni che possono portare alla fase di trichiasi e di qui alla cecità, per danneggiamento della cornea. I test diagnostici più sensibili per individuare l'infezione e le comunità che richiedono gli antibiotici sono quelli di amplificazione genica (PCR), ma laddove non sono disponibili ci si basa sulla prevalenza della TF nell'area: se tra i bambini sotto i 10 anni supera il 10%, il trattamento viene consigliato, continuando il rifornimento di antibiotici alla popolazione finché non si scende almeno sotto il 5%. La prevalenza della TF è però scarsamente indicativa della presenza dell'infezione, perché bassa in certe zone e per la lenta risoluzione dei segni della malattia anche dopo ripetuti trattamenti di massa, che tra l'altro aumentano il rischio che si selezionino agenti patogeni resistenti agli antibiotici.

Accuratezza e praticità elevate


Il test immunologico di nuova realizzazione, tipo point-of-care (POC) con strisce reattive, individua i lipopolisaccaridi della chlamydia (cioè un "pezzo" del batterio specifico) a partire da tamponi congiuntivali, e in soli 25 minuti dà il responso attraverso una linea rossa che indica positività. Il sistema è stato saggiato su 664 bambini sotto i 10 anni di alcuni villaggi in Tanzania, caratterizzati da una prevalenza relativamente elevata di TF infantile senza che si fossero effettuati però trattamenti antibiotici di massa, e la sua accuratezza è stato confrontata con quella del test PCR. Complessivamente la sensibilità del test POC è stata pari all'83,6% e la specificità al 99,44%, superiori a quelle della PCR, inoltre il sistema è apparso rapido e facile da usare, con istruzioni minime per gli operatori e senza necessità per eseguirlo di elettricità, acqua corrente o banchi da laboratorio, quindi estremamente pratico anche per le realtà disagiate dei paesi poveri dove l'infezione imperversa.

Elettra Vecchia



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