Antibiotici e vaccini, gli strumenti per battere la meningite

12 ottobre 2012
Interviste

Antibiotici e vaccini, gli strumenti per battere la meningite



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Parlare di meningite, generalmente e a ragione, solleva la soglia di allarme: il fatto che un agente patogeno riesca a penetrare in aree di norma sterili, come le meningi, provocando un'infiammazione in zone così vicine al cervello, richiede intervento terapeutico tempestivo proprio per evitare danni neurologici e gravi complicanze. Ma anche per evitare la diffusione dell'infezione, dato che, in alcuni casi, è piuttosto facile contaminare le persone vicine. Il caso del piccolo focolaio che ha coinvolto, all'inizio di ottobre, l'equipaggio di una nave da crociera ne è un esempio.

«Ha colpito persone che lavoravano nelle cucine» spiega Giovanni Rezza direttore del Dipartimento di malattie infettive, parassitarie e immunomediate dell'Istituto superiore di sanità «ambienti chiusi, promiscui e molto umidi, condizioni in cui è molto probabile che il meningococco, il più diffusivo tra i patogeni che provocano la patologia, possa essere trasmesso per contatto diretto e stretto creando piccoli focolai». È sufficiente, infatti, stare a meno di un metro di distanza da una persona malata per essere esposti al rischio di contagio, ed è un comportamento a rischio, per esempio, bere dallo stesso bicchiere, ha sottolineato l'esperto. E proprio per questo motivo, aggiunge, «la terapia, basata su antibiotici, viene data per profilassi anche a chi è a contatto con il paziente». Secondo una circolare del ministero della Salute, infatti, occorre identificare i conviventi e coloro che hanno avuto contatti stretti con l'ammalato nei 10 giorni precedenti la data della diagnosi, poiché 10 giorni sono il tempo massimo previsto per la sorveglianza sanitaria, tenuto conto del massimo periodo di incubazione della malattia. È importante che, una volta che il ceppo dell'infezione viene identificato, il trattamento del paziente sia tempestivo: «Per essere efficace la terapia antibiotica deve essere somministrata ad alte dosi, poiché i farmaci devono raggiungere le meningi e penetrarle per poter eliminare i batteri». È chiaro che nel caso di una forma virale la terapia antibiotica è inappropriata, ma la malattia è anche meno grave e aggressiva e i sintomi di solito si risolvono spontaneamente dopo una settimana.

La meningite batterica si manifesta inizialmente con sintomi poco specifici, come sonnolenza, mal di testa, inappetenza. In genere, però, dopo 2-3 giorni peggiorano e compaiono nausea e vomito, febbre alta, pallore, fotosensibilità e le tipiche rigidità della nuca e dell'estensione della gamba.Riconoscere in tempo i segni e isolare il batterio per stabilire la terapia più opportuna evita complicazioni gravi, tra cui danni neurologici permanenti, come la perdita dell'udito, della vista, della capacità di comunicare o di apprendere, problemi comportamentali e danni cerebrali, fino alla paralisi.Ma le complicazioni possono anche essere di natura non neurologica, per esempio al rene e alle ghiandole surrenali, con conseguenti squilibri ormonali. La malattia può essere provocata da tre tipi di batterio: meningococco (Neisseria meningitidis), pneumococco (Streptococcus pneumoniae) ed emofilo (Haemophilus influenzae tipo b). «Il meningococco è il più temibile» sottolinea Rezza «perché più facile da trasmettere, e quindi può dare origine a piccioli focolai epidemici, e perché più spesso colpisce i bambini. Il più comune è il ceppo C, che è poi quello che è comparso sulla nave da crociera, e in Italia è incluso nel vaccino meningococcico da alcuni anni introdotto nei calendari vaccinali. La meningite da pneumococco riguarda casi sporadici e interessa per lo più soggetti adulti e il vaccino disponibile non include tutti i ceppi circolanti. In calo i casi di meningite da emofilo grazie alla vaccinazione introdotta alla fine degli anni '90». Quest'ultimo era, infatti, la causa più comune di meningite nei bambini fino a 5 anni, ma con l'introduzione della vaccinazione i casi di meningite causati da questo batterio si sono ridotti moltissimo. Le politiche vaccinali attuali per quanto riguarda il meningococco C, rispondono a raccomandazioni internazionali che indicano l'opportunità, in caso di focolai epidemici, di introdurre la vaccinazione su larga scala nell'area geografica interessata quando l'incidenza è superiore a 10 casi per 100.000 abitanti nell'arco di tre mesi.

Simona Zazzetta



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