Il sovrappeso riduce la mortalità, l’obesità l’aumenta

08 gennaio 2013
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Il sovrappeso riduce la mortalità, l’obesità l’aumenta



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Tra eccesso di peso e aumento di mortalità c'è una relazione complessa: un'ampia analisi pubblicata sul Journal of the american medical association (Jama) conferma, infatti, che chi è sovrappeso o leggermente obeso risulta avere un rischio inferiore a quello di chi presenta un indice di massa corporea (Imc) nella norma. La ricerca, diretta da Katherine M. Flegal del National center for health statistics, dei Centers for disease control and prevention di Hyattsville, nel Maryland, ha preso in esame 97 studi pubblicati in letteratura - per un totale di poco meno di tre milioni di soggetti, e oltre 270.000 decessi - e ha valutato il rischio relativo per le persone in sovrappeso (con indice di massa corporea compreso tra 25 e 30) e obese (con Imc maggiore o uguale a 30) rispetto alla popolazione normopeso (Imc compreso tra 18,5 e 25). Gli obesi sono anche stati suddivisi in grado 1 (Imc tra 30 e 35) e grado 2 e 3 (Imc maggiore o uguale a 35). La popolazione presa in esame dagli studi proviene in gran parte dall'America settentrionale (41 dei 97 studi che rispettavano i criteri di inclusione) e dall'Europa (37 studi). Tutto considerato, la mortalità tra i soggetti sovrappeso o con obesità di grado 1 risulta significativamente inferiore (del 6 e del 5%, rispettivamente) rispetto alla popolazione normopeso, mentre la situazione si capovolge per i soggetti con un grado più elevato di obesità, che presentano un aumento del rischio di morte pari al 29%, sempre rispetto a chi ha un indice di massa corporea inferiore a 25. Per spiegare questo apparente paradosso - già rilevato in passato da studi meno ampi - Flegal e colleghi avanzano alcune ipotesi: «Possibili spiegazioni includono il fatto che i pazienti più corpulenti si presentano più tempestivamente dal medio e hanno quindi una maggiore probabilità di ricevere cure mediche ottimali. Vi sono poi anche effetti metabolici cardioprotettivi legati all'aumento di grasso corporeo e a maggiori riserve metaboliche». Alla luce del "paradosso dell'obesità" - si legge nell'editoriale di commento che Jama ha affidato a Steven Heymsfield e William Cefalu del Pennington biomedical research center di Baton Rouge, in Louisiana - «non si deve dare per scontato che tutti i pazienti classificati come sovrappeso o con obesità di grado 1 abbiano bisogno di una terapia per perdere peso. Misurare il Imc è solo il primo passo verso una valutazione del rischio più completa che deve considerare anche altri parametri, come l'anamnesi familiare».



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