Sepsi: un killer sconosciuto

13 settembre 2013
Aggiornamenti e focus

Sepsi: un killer sconosciuto



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Uccide più dell'ictus e dell'infarto: nel mondo ogni anno vengono colpiti dai 20 ai 30 milioni di individui (con oltre 6 milioni di casi infantili) e in Europa si verificano circa 400 casi ogni 100 mila abitanti. Non solo: è in notevole aumento con un tasso annuo tra l'8 e il 13 per cento negli ultimi dieci anni. Eppure è un killer poco noto. Tanto che gli specialisti hanno deciso di accendere i riflettori su questa malattia dichiarando il 13 settembre Giornata Mondiale contro la Sepsi: per aumentare la consapevolezza della popolazione e migliorare la gestione dei pazienti.

Ma che cosa è la sepsi?
«Si tratta di un'infezione grave, una sindrome che può avere manifestazioni diverse sovrapposte a quelle di altre malattie: per questo spesso è difficile diagnosticarla», spiega Massimo Girardis, coordinatore del Gruppo di studio infezioni e sepsi della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva. In pratica la Sepsi è una sindrome che colpisce un organo infiammato in seguito a una infezione, danneggiandone irreparabilmente i tessuti. L'infezione da localizzata diventa generalizzata e supera tutte le difese dell'organismo determinando uno shock settico che può essere fatale.

Purtroppo vaccini e antibiotici spesso possono poco, e la minaccia aumenta: con l'incremento della popolazione anziana è cresciuto anche il "bacino" o di soggetti più fragili di fronte alle infezioni, fuori e soprattutto dentro gli ospedali: «Dobbiamo prevenire le infezioni ospedaliere ed evitare che si aggravino» osserva Girardis. «Inoltre, dovremmo anche capire come gli ospedali curano questi pazienti: purtroppo, a parte poche eccezioni, nelle cliniche non c'è un buon controllo di qualità per l'assistenza dei casi di sepsi».

Gli obiettivi proposti dalla Global Sepsis Alliance in occasione della Giornata Mondiale sono ambiziosi: riuscire a ridurre del 20 per cento l'incidenza della sepsi nel mondo entro il 2020, aumentando allo stesso tempo il tasso di sopravvivenza e inserendo lo screening per la sepsi tra i programmi di routine per i pazienti ricoverati in fase acuta nei due terzi degli ospedali del globo.



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