Metodo Hamer per curare il cancro: ecco perché è pericoloso

10 aprile 2017
Interviste

Metodo Hamer per curare il cancro: ecco perché è pericoloso



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Un medico di base di Torino è stato di recente condannato per aver causato la morte di una paziente convincendola a "curare" un melanoma, un pericoloso tumore della pelle, con il cosiddetto "metodo Hamer". Questo metodo, noto anche come Nuova medicina germanica, è una teorizzazione di un tedesco, Ryke Geerd Hamer, che in passato esercitava la professione medica, ma è stato da tempo radiato dall'ordine dei medici dopo aver subito gravi condanne. Secondo la teoria di Hamer - divenuto famoso in Italia per una triste vicenda di cronaca che coinvolse il figlio Dirk e l'ex re Vittorio Emanuele - il cancro sarebbe causato da conflitti e traumi psicologici che innescano una "naturale" reazione di difesa del corpo: la cura, secondo lui, richiederebbe semplicemente la risoluzione di tali conflitti.

Il risultato concreto di questa fantasiosa teorizzazione è che le cure di provata efficacia vengono evitate, sospese o rinviate fino a quando, in molti casi, il tumore inizialmente guaribile diventa totalmente incontrollabile, e porta alla morte. Recentemente il libro-inchiesta "Dossier Hamer", del giornalista Ilario D'Amato, ha analizzato in maniera molto documentata e circostanziata questo fenomeno, cui anche l'Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) ha dedicato un ampio e dettagliato articolo.
Dica33 ne ha parlato con Carmine Pinto, presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e direttore della struttura complessa di oncologia dell'Irccs Santa Maria Nuova di Reggio Emilia.

Dottor Pinto, su cosa si basano le teorie di Hamer?
«La teoria di Hamer si basa su cinque affermazioni principali, le cosiddette "leggi della biologia". Le malattie sarebbero causate da un conflitto di tipo psichico che coglie l'individuo alla sprovvista: se c'è una risoluzione del conflitto, la malattia procede in due fasi, una con conflitto attivo e una di guarigione».

Questi principi possono avere una qualche utilità nel trattamento del tumore?
«Dal punto di vista scientifico, le "leggi della biologia" sono solamente invenzioni. Non c'è alcun dato scientifico, queste teorie non sono mai state sottoposte ad alcuno studio di validazione scientifica, e alcuni pazienti che si sono affidati a questa teoria poi sono saliti alle cronache per aver subito ritardi nelle cure o addirittura per l'assenza completa di cure. A riprova del fatto che le sue teorie sono prive di fondamento scientifico e addirittura dannose, Hamer è stato radiato dall'albo dei medici».

Quali pericoli corrono le persone che si affidano a questo metodo?
«Le persone che si affidano a questo tipo di metodo corrono un rischio grandissimo. Infatti, anche se il metodo Hamer non prevede la somministrazione di alcunché di dannoso in sé, i pazienti non vengono sottoposti alle terapie mediche e chirurgiche, alla radioterapia, o quando si decidono a sottoporvisi è ormai troppo tardi per curare tumori che in grandissima parte sarebbero stati gestibili al momento della diagnosi. Secondo Hamer il cancro, come malattia non è mortale, e la morte avverrebbe solo per esaurimento fisico e mentale causato dal conflitto o addirittura dallo stress legato alla diagnosi di tumore; queste affermazioni sono molto pericolose, perché convincono molte persone dell'inutilità delle terapie, che invece sono le sole a poter salvare la vita».

Perché quindi secondo lei c'è una ricerca di questi metodi alternativi quando per il cancro la medicina scientifica ha fatto e sta facendo enormi passi avanti?
«Da una parte c'è il progresso delle cure, dall'altra, come per i vaccini, stiamo vivendo questo periodo di nuovo medioevo, in cui prende spazio questa convinzione che eventi irrazionali possano risolvere il problema senza le terapie attuali, che sono certo difficili, anche per il paziente, ma sono state sperimentate con scrupolo, e hanno fornito dimostrazioni scientifiche di funzionamento.
Non dimentichiamo l'importanza dell'informazione in tutto questo. I media certamente danno troppo peso a queste situazioni, ma, il danno più grande viene dal passaparola via internet, in quanto mentre nell'informazione da carta stampata o tv comunque ci sono almeno dei sistemi di controllo, tutto quello che viene postato in rete non è sottoposto a nessuna forma di verifica e contestualizzazione».

Cosa è possibile fare per limitare i danni?
«Cerchiamo di fare informazione, a livello di pubblico ma anche a livello professionale. Da tre anni Aiom organizza a Reggio Emilia un corso per giornalisti scientifici in oncologia che richiama molti professionisti anche dall'estero, con lo scopo di mettere in comunicazione giornalisti e oncologi in modo che si conoscano le reciproche esigenze quando si deve comunicare una notizia medico-scientifica al pubblico, per divulgarla in modo corretto e rigoroso, senza quei sensazionalismi che a volte creano negli utenti, sia dei media tradizionali che dei nuovi media, false aspettative».

Susanna Guzzetti



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