Niente più macchie con il trapianto

12 novembre 2004
Aggiornamenti e focus

Niente più macchie con il trapianto



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Non è raro incontrare durante la stagione estiva persone con una pigmentazione non uniforme della pelle. Si tratta di soggetti affetti da vitiligine: una discromia cutanea che si manifesta con chiazze scolorite di forma e grandezza variabili, in corrispondenza delle quali mancano del tutto i melanociti. Di solito sono macchie localizzate sul dorso delle mani, al viso e ai genitali, ma possono estendersi fino a ricoprire aree molto estese. Le zone senza melanina sono più vulnerabili alla scottatura solare e vanno protette adeguatamente in caso di esposizione. Al di là di questa precauzione la vita si svolge senza particolari difficoltà. I trattamenti, per ripigmentare le macchie prevedono l'utilizzo locale o sistemico di farmaci fotosensibilizzanti, seguito da esposizione controllata a radiazioni ultraviolette. Ma le terapie hanno efficacia scarsa e limitata nel tempo: la malattia ricompare salvo i casi, molto rari, in cui la vitiligine guarisce spontaneamente.

Due studi sul trapianto
Sembra invece sortire risultati migliori la tecnica che impiega melanociti autologhi (cioè prelevati dallo stesso paziente) coltivati o meno in vitro e poi impiantati nelle zone bianche. E lo dimostrano due studi recenti. Nel primo sono state trattate 28 persone con la vitiligine generalizzata (cioè diffusa oltre il 40% del corpo) resistente alla terapia con UV. Il 67% aveva il disturbo stabile per un anno, nel 33% dei casi si trattava di lesioni in corrispondenza di traumi o cicatrici (fenomeno di Koebner). In totale è stato possibile identificare 33 coppie di lesioni leucodermiche (bianche): in una delle due macchie veniva trapiantata la coltura di cellule epidermiche nellaltra, per controllo, un placebo. A distanza di tre, sei e 12 mesi veniva eseguita una misurazione della pigmentazione. I risultati erano notevoli: la percentuale di repigmentazione delle aree trattate era, rispettivamente nei tre momenti di verifica, del 60%, 62% e 71% contro uno 0% delle zone trattate con il placebo. Il 70% del gruppo in terapia nei tre periodi di controllo aveva ottenuto una repigmentazione del 55%, 57% e 77%, nessuna lesione del gruppo placebo aveva ottenuto risultati dello stesso livello. Ma la terapia risultava più efficace nei soggetti con la forma stabile (19) rispetto alle altre forme del disturbo (9).
Laltro studio ha invece considerato la superficie totale di macchie trattate, questa volta con una miscela di melanociti e cheratinociti non tenuti in coltura, trapiantati in 64 pazienti; 49 con la forma segmentale cioè in più zone e 15 con la forma focale cioè limitata a una sola zona del corpo. Nel primo gruppo l84% aveva dimostrato una risposta eccellente, il 6% una risposta buona e il 10% non aveva dato risposta. I soggetti con la forma focale hanno risposto in modo eccellente nel 73% dei casi, in modo rilevabile nel 7% dei casi mentre hanno dato una risposta scarsa nel 20% del campione.
Gli autori, tenendo conto delle limitazioni della condizione iniziale del disturbo, consigliano di prendere in considerazione questa opzione terapeutica per trattare la vitiligine che dimostri di non risolversi con le altre soluzioni.

Simona Zazzetta

Fonte
Van Geel N et al. Double-blind placebo-controlled study of autologous transplanted epidermal cell suspensions for repigmenting vitiligo. Arch Dermatol. 2004 Oct;140(10):1203-8



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