12 maggio 2017
Aggiornamenti e focus, Speciale salute del cuore
Il “gluten-free” è una scelta di salute, ma solo per i celiaci
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"Senza glutine" non significa "buono per il cuore", anzi in alcuni casi con il glutine si eliminano anche sostanze protettive per cuore e vasi.
In occasione della Settimana nazionale della celiachia, che si svolgerà dal 13 al 21 maggio, riprendiamo lo studio pubblicato sulla rivista British medical journal , in cui i ricercatori statunitensi coordinati da Andrew Chan, professore associato di medicina alla Harvard medical school di Boston, che hanno recentemente coinvolto in uno studio sull'argomento circa 110mila persone.
«Il glutine, proteina contenuta nel frumento e in altri cereali, può avere effetti molto pesanti sull'intestino delle persone che soffrono di celiachia che devono assumere per tutta la vita una dieta priva di tale sostanza» esordisce l'esperto che poi aggiunge: «Oggi però molte persone che non presentano celiachia e nemmeno la cosiddetta sensibilità al glutine non celiaca decidono di seguire una dieta gluten free spinti soprattutto dalla convinzione che il glutine sia dannoso per la salute».
Per meglio comprendere gli effetti di una dieta priva di glutine sulla salute cardiovascolare di persone senza celiachia, Chan e colleghi hanno seguito per oltre 25 anni i partecipanti allo studio, valutandone il consumo di glutine in base a questionari alimentari. «Non abbiamo riscontrato alcuna differenza nel rischio di sviluppare malattie coronariche tra chi consumava il glutine e chi invece lo aveva escluso dalla dieta» affermano gli autori che poi precisano: «Ma chi segue una dieta gluten free spesso elimina anche la preziosa fonte di fibre rappresentata dai cereali integrali e queste fibre sono preziose per la salute del cuore».
In effetti, tenendo conto del consumo di cereali integrali, è emerso che chi elimina il glutine senza averne davvero bisogno, aumenta il proprio rischio di malattie coronariche. «Oltre alla riduzione delle fibre, una dieta senza glutine potrebbe portare a scegliere sostituti non particolarmente sani, aggiungendo ulteriori rischio cardiovascolari» concludono i ricercatori.
Fonte: BMJ. 2017 May 2;357:j1892. doi: 10.1136/bmj.j1892
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In occasione della Settimana nazionale della celiachia, che si svolgerà dal 13 al 21 maggio, riprendiamo lo studio pubblicato sulla rivista British medical journal , in cui i ricercatori statunitensi coordinati da Andrew Chan, professore associato di medicina alla Harvard medical school di Boston, che hanno recentemente coinvolto in uno studio sull'argomento circa 110mila persone.
«Il glutine, proteina contenuta nel frumento e in altri cereali, può avere effetti molto pesanti sull'intestino delle persone che soffrono di celiachia che devono assumere per tutta la vita una dieta priva di tale sostanza» esordisce l'esperto che poi aggiunge: «Oggi però molte persone che non presentano celiachia e nemmeno la cosiddetta sensibilità al glutine non celiaca decidono di seguire una dieta gluten free spinti soprattutto dalla convinzione che il glutine sia dannoso per la salute».
Per meglio comprendere gli effetti di una dieta priva di glutine sulla salute cardiovascolare di persone senza celiachia, Chan e colleghi hanno seguito per oltre 25 anni i partecipanti allo studio, valutandone il consumo di glutine in base a questionari alimentari. «Non abbiamo riscontrato alcuna differenza nel rischio di sviluppare malattie coronariche tra chi consumava il glutine e chi invece lo aveva escluso dalla dieta» affermano gli autori che poi precisano: «Ma chi segue una dieta gluten free spesso elimina anche la preziosa fonte di fibre rappresentata dai cereali integrali e queste fibre sono preziose per la salute del cuore».
In effetti, tenendo conto del consumo di cereali integrali, è emerso che chi elimina il glutine senza averne davvero bisogno, aumenta il proprio rischio di malattie coronariche. «Oltre alla riduzione delle fibre, una dieta senza glutine potrebbe portare a scegliere sostituti non particolarmente sani, aggiungendo ulteriori rischio cardiovascolari» concludono i ricercatori.
Fonte: BMJ. 2017 May 2;357:j1892. doi: 10.1136/bmj.j1892
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