Contrasto all’antibiotico-resistenza: usare gli antibiotici solo quando servono.

26 giugno 2018
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Contrasto all’antibiotico-resistenza: usare gli antibiotici solo quando servono.



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Gli antibiotici, dalla loro introduzione circa settanta anni fa, hanno ridotto in maniera significativa il numero dei decessi causati dalle malattie infettive e migliorato lo stato di salute dei cittadini. Parallelamente allo sviluppo degli antibiotici si è, però, verificata la resistenza batterica, che oggi è un problema a livello mondiale.
L'eccessivo e inappropriato utilizzo degli antibiotici negli uomini e negli animali e le scarse pratiche di controllo delle infezioni hanno trasformato l'antibiotico-resistenza in una seria minaccia alla salute pubblica globale.

Non usare gli antibiotici se non ce n’è davvero bisogno


"Il primo passo è capire che un migliore utilizzo degli antibiotici significa non usarli se non ce n'è davvero bisogno. Questo vale sì per i medici, ma anche per i pazienti, i quali non devono trovare nell'antibiotico la prima soluzione quando gli si diagnostica un raffreddore, un'influenza, o delle bronchiti blande" spiega Matteo Bassetti Vice Presidente SITA - Società italiana terapia antinfettiva "Allo stesso tempo non bisogna nemmeno lanciare il messaggio che non vadano utilizzati. In sostanza, se non servono non bisogna usarli, ma se servono nel loro utilizzo bisogna seguire una serie di regole, le stesse alla base della cosiddetta Stewardship: dare il farmaco giusto, alla giusta dose, per la giusta durata e con il giusto ritmo di somministrazione."
Sembrano concetti semplici, ma spesso non sono seguiti: basti pensare ai pazienti che autonomamente sospendono la terapia antibiotica quando non la ritengono più utile, o cambiano i dosaggi e i tempi di somministrazione; questo comportamento, fa sì che i batteri sviluppino resistenza.

Nel 2050: 10 milioni di morti l’anno per infezioni batteriche


Nel mondo, nel 2050, le infezioni batteriche causeranno circa 10 milioni di morti l'anno, superando ampiamente i decessi per tumore, diabete o incidenti stradali. L'Italia è il primo paese europeo per utilizzo di antibiotici in ambito umano e terzo per uso sugli animali negli allevamenti intensivi, secondo i dati dell'Agenzia Europea per i medicinali (EMA).
Secondo i dati dell'Istituto Superiore di Sanità, in Italia il livello di antibiotico-resistenza si colloca fra i più elevati in Europa con una percentuale annuale di pazienti infetti fra il 7 e il 10%.
"Servono programmi efficaci che consentano di garantire il rispetto di protocolli severi riguardo, ad esempio, all'igiene." Spiega Gianni Rezza, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate, Istituto Superiore di Sanità.

"Lavarsi accuratamente le mani e cambiare i guanti prima di intraprendere una qualsiasi procedura medica su un paziente dovrebbe essere una norma inderogabile. Un altro aspetto fondamentale è l'applicazione della Stewardship Antimicrobica, ossia dell'appropriatezza nella prescrizione degli antibiotici, in particolare in ambito ospedaliero che è il contesto principale nel quale si generano le resistenze. E poi, naturalmente, è auspicabile un aumento degli investimenti in Ricerca e Sviluppo, perché è certamente importante preservare, per il maggior tempo possibile, l'efficacia degli antibiotici a disposizione, ma la storia insegna anche che lo sviluppo delle resistenze è inevitabile e solo l'introduzione di nuovi antibiotici può rispondere a questa impellente necessità."


Di contrasto all'antibiotico-resistenza si è parlato al Convegno dal titolo 'Scenari, priorità e obiettivi, secondo un approccio One Health", un evento organizzato a Roma, da MSD Italia, che ha visto confrontarsi associazioni, rappresentanti delle Istituzioni e del mondo scientifico.
Per essere parte della soluzione, ogni attore deve tenere fede a una responsabilità che dipende direttamente dalla funzione che ricopre: i medici e i ricercatori per quanto riguarda l'appropriatezza e la ricerca; le istituzioni per l'attuazione e la sostenibilità; i farmacisti, gli infermieri e il personale ospedaliero per il rispetto dei protocolli; i pazienti e i caregiver per i comportamenti corretti e il rispetto delle indicazioni del medico; giornalisti per la corretta informazione.


A cura di:
Chiara Romeo



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